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martedì 28 agosto 2012

Rea è reo di essere lento?

Rea nei box ai test di Brnò
(Credit crash.net)
Colgo come spunto di riflessione una piccola "discussione" nata su twitter tra Federico Aliverti, (vide direttore di Motociclismo) e alcuni appassionati che lo seguono.

Aliverti lancia la sua "provocazione": 

Per ora a Brno Rea su HRC è 5 sec(abbondanti) più lento di DP e 2 sec(scarsi) più lento di Capirex, che x gioco ha provato Honda di Bradl...

Questo era solo il calcio d'inizio, poi va avanti citando l'esempio di Simoncelli a Imola sulla Aprilia RSV4 gemella di quella di Biaggi, oltre a continuare a sottolineare, minuto dopo minuto, l'inadeguatezza del pilota inglese che viene dalla Superbike.

Io sinceramente non ci vedo nulla di strano nelle scarse prestazioni di Rea: a certi livelli ci professionismo sportivo è ovvio che ci sia una forte componente di "abitudine" al mezzo, penso che come vice direttore di Motociclismo Aliverti sappia molto meglio di noi comuni appassionati che una MotoGP e una Superbike hanno poco a che spartire, oltre ad essere simili visto che hanno entrambe due ruote, la carena e i semi manubri.

E' stato proprio un suo collega giornalista, Guido Meda che, in un appassionato e piacevolissimo articolo, ci ha ricordato che noi non possiamo criticare o giudicare i piloti della MotoGP, perché guidano mezzi così tecnologicamente e tecnicamente avanzati e complessi da renderli totalmente alieni rispetto alle moto che noi guidiamo tutti i giorni, e cosa sono alla fine dei conti le Superbike? Moto derivate da quelle che guidiamo tutti i giorni, molto più potenti, molto più complesse dal punto di vista elettronico, con gomme qualitativamente raffinate, ma pur sempre delle derivazioni dirette di quello che le case mettono in vendita.

Ecco quindi che se prendiamo in esame il fatto che Rea ha corso due manche del Mondiale Superbike, ha preso un aereo e poco più di 12 ore dopo era in sella ad uno di quei mostri, che come ci insegna Guido Meda, sono così alieni che noi non possiamo nemmeno immaginarlo, se ci aggiungiamo la "pressione psicologica" imposta da tutti quegli sguardi pronti a cogliere in fallo e sbeffeggiare il "pilota del campionato degli scarsi", ne esce un quadretto in cui il povero Johnny si ritrova su una moto complicatissima, con gomme diametralmente opposte a quelle a cui è abituato sulla sua CBR1000, con tanta di quell'elettronica che manco sa da dove cominciare, e il giornalista di turno che dalla sala stampa guarda i tempi e lo deride, citando poi Simoncelli a Imola, ma dimenticano Bayliss a Valencia, fresco di vittoria del Mondiale Superbike, sale in sella alla Desmo16 e vince dando un distacco valentiniano a tutti.

Di piloti che su una MotoGP non fanno gran belle figure ce ne sono parecchi, e spesso il motivo è che non fanno parte del Campionato: che sono dei sostituti e nulla più. Questo dovrebbe farci pensare al fatto che queste MotoGP, nella loro estrema difficoltà ingegneristica, hanno bisogno di piloti non solo di un certo livello, ma che anche partecipino allo sviluppo tecnico della moto per poterne capire le dinamiche e le reazioni poi in pista. Sono pochi i talenti in grado di arrivare, piazzare tempi mostruosi e andarsene. Nemmeno i campioni più o meno apprezzati di oggi, all'inizio della loro esperienza in MotoGP erano veloci o irreprensibili, vedi Lorenzo e Stoner, i loro "primo anno in sella ad una GP" erano più i "primo anno nell'erba dei circuiti della GP", ci sarà pure un motivo no?

Certi paragoni sono proprio inutili, non sarebbe meglio lasciare i piloti che facciano il loro lavoro e tenersi per se certe considerazioni e "analisi" del tutto superflue e insignificanti?

Oppure fa tutto parte di quella tendenza a sottolineare la superiorità della MotoGP sulla Superbike?

Perché sarebbe utile per qualcuno sottolinearla?

Non possiamo semplicemente guardare un campionato o entrambi, senza per forza star lì a volerli mettere a confronto?

Resta comunque il mio augurio a Johnny Rea perché si diverta e possa godere a pieno di quest'esperienza in MotoGP, anche se solo nei test per ora, tutto il resto sono chiacchiere da bar fatte da professionisti.

Baci,
UsuL.

P.S.: Si lo so, non ho citato Valentino Rossi, ma tant'è abituiamoci che si può parlare di Motociclismo anche senza parlare di Rossi.

lunedì 27 agosto 2012

Son contento, ma ...

Foto auto celebrativa
Almeno il casco nasconde la mia faccia da culo
Sono contento, perché nelle ultime settimane questo mio piccolo spazio di sfogo personalissimo, è diventato frequentato e attivo con svariate centinaia di visitatori, (il record ieri con 667 visualizzazioni), fioccano i commenti e le discussioni tra lettori e il mio pensiero viene letto e condiviso in internet da chi la pensa come me, e sto scoprendo che non siamo pochi.

Forse sono andato leggermente fuori dai paletti che mi ero prestabilito riguardo alle critiche, soprattutto con l'ultimo intervento su Fuorigiri, che ammetto di aver scritto in un momento di nervosismo, ma del quale sottoscrivo ogni singola parola detta.

A questo punto però mi chiedo quanto peso abbia la polemica nel numero di visualizzazioni.

Da che mondo è mondo, lo scandalo e il trambusto attirano molta più attenzione della pacatezza e della serenità, su questo non c'è dubbio, e la riprova la troviamo proprio in Fuorigiri, dove Bobbiese sembra assetato di scandali, pronto a scatenare polemiche, pur di creare movimento e interesse.

E riflettendo su quanto io odi questo modo di fare, non posso non soffermarmi a pensare che io, pur non volendolo, ho fatto lo stesso.

Il mio intervento è stato ripreso e rilanciato da chi era indignato come me, montando ulteriormente una polemica che, a onor del vero è stata cercata con il lumicino, anche se non da me, ma non era quello il risultato che volevo.

Non volevo una sterile polemica, condita da insulti a questo o quello, volevo esprimere il mio malessere nei confronti di un modo di fare giornalismo che ritengo indegno, un giornalismo basato sulla contrapposizione: o sei con Rossi o sei contro Rossi, o parli bene di lui in trasmissione o non ci vieni più, (vedi Lucchinelli), o ami la MotoGP o la Superbike e via dicendo.

Ducati, Rossi e qualsivoglia argomento REALMENTE motociclistico, non era nemmeno considerato nel mio intervento.

Constatavo solo la realtà: nel programma di approfondimento giornalistico sul motomondiale di Mediaset, si cercano le polemiche per movimentare l'interesse intorno ad un campionato che è solo il pallido ricordo dello spettacolo che è stato negli anni passati.

Questo tipo di giornalismo CI fa male, ci divide in opposte fazioni che a lungo andare arrivano, come oggi, ad odiarsi e per quale motivo?

Non siamo tutti motociclisti o comunque appassionati di motociclismo? Allora perché non rispettare le idee altrui? Il rispetto reciproco abbasserebbe di gran lunga i toni di tutti, troveremmo punti in cui siamo concordi, senza bisogno di insultarci vicendevolmente per sentirci superiori ed è per questo che io non perdo mai l'occasione di dire che non sono un giornalista, ma un semplice scribacchino con tanto tempo libero, che non sono un esperto di motociclismo, ma un semplice appassionato, che non sono nemmeno bravo come motociclista, ma semplicemente adoro andare in moto pur essendo un cancello più fermo di quello del Paradiso che sta lì dall'inizio dell'Universo stesso.


Se vi sentite "tifosi di Valentino", cercate di capire come si sentono i "tifosi della Ducati" e viceversa, ricordatevi che le colpe non sono MAI da un solo lato in un rapporto finito male come quello tra Rossi e Ducati, quindi una parte della colpa, (e adesso non state a sindacare sulle percentuali), è anche di chi tifate, sia esso il pilota o la casa costruttrice.

Ricordatevi che Mediaset vende un prodotto, se il prodotto che vi vende non è di vostro gradimento, si faranno in quattro per aggiustare l'offerta e venirvi incontro, se invece di alimentare le polemiche che loro innescano, gli ridessimo in faccia e gli dicessimo che non è questo che vogliamo dal motociclismo, probabilmente ci sarebbe una gestione diversa del tutto, tale da venire incontro alle esigenze di un pubblico più maturo che non vive il motociclismo semplicemente al grido di "Rossi bollito!" o "Ducati moto di merda!".

Baci,
UsuL.

domenica 26 agosto 2012

Fuorigiri? No Grazie!

Il Fantastico Trio di Fuori Giri
E' vero che non dovrei criticare visto che io non sono un giornalista, ma quando guardo "Fuorigiri" non riesco a non pensare che è proprio una vergogna definirla giornalismo, sia per il modo in cui è condotta, sia per i cosiddetti "opinionisti" che la popolano.

Ne approfitto per chiarire alcune cose su di me e su quello che penso di Rossi e del commento gara di Meda, visto che molti in privato mi hanno chiesto se li odio: la risposta è assolutamente no.

Valentino Rossi è il campione che tutti conosciamo, a mio personalissimo e fallace giudizio lo è ancora e lo sarà in futuro, anche se ovviamente gli anni si fanno sentire e non potrà essere il dominatore assoluto che abbiamo conosciuto in passato.

Guido Meda mi fa divertire, ma soprattutto riesce a rendere meno noiosa una MotoGP che se fosse commentata da molti altri suoi colleghi, diventerebbe ancora più noiosa di quello che già è.

Sulla questione Rossi-Ducati: l'ho detto fino allo svenimento che non c'è un colpevole, ci sono solo un pilota che non riesce ad adattarsi alla moto che ha, e un'azienda che non riesce a trovare la strada giusta per cambiare la sua moto senza doverla stravolgere in tutto e per tutto. Ne più ne meno quello che è già accaduto con Melandri in passato, con la differenza che nel caso di Marco non c'era ne la volontà ne la necessità di cambiare perché in mano a Stoner la moto vinceva. Sono sicuro che se in un mondo parallelo il team fosse stato Stoner-Rossi, i nostri giornalisti sarebbero implosi sotto la pressione di vedere la moto competitiva, ma con il "pilota sbagliato" e sono certo che avrebbero chiesto a gran voce di modificarla anche se vincente, solo per poterla rendere competitiva per Rossi.
Purtroppo per Melandri, lui non è importante e intoccabile come Rossi, quindi era colpa sua, era un pilota finito e doveva farsi curare quando diceva che la Ducati era inguidabile.

Già da questa premessa potete notare che il vero problema del matrimonio Rossi-Ducati, al di là dei risultati chiaramente inguardabili, è nel come i giornalisti montano il caso, spingono perché in Ducati qualcuno si suicidi ammettendo le sue colpe, beatificando al contempo San Valentino Patrono degli introiti pubblicitari.

Perché è tutta lì la questione, Rossi merdesimo (come direbbe DesmoSkull), significa una sola cosa: meno spettatori, quindi meno soldi degli sponsor che pagano in base allo share televisivo.

Ecco quindi che la famosa "guerra" tra chi supporta Ducati e chi supporta Rossi, viene montata a dismisura dalla chiave di lettura che il giornalismo fatto di sponsor ci propone, e noi come beoti, dal cuore rosso o giallo, seguiamo quella traccia che loro hanno dato da seguire: chi insultando Rossi e chi insultando la Ducati, perché l'importante è che la gente ne parli di questa MotoGP, che guardi trasmissioni al limite del grottesco come Fuorigiri, che ascolti opinionisti che le sparano più grosse di un ubriaco al bar sport, il tutto per dare ulteriori cartucce ad entrambi gli schieramenti.

Oggi Cereghini ricordando il WDW, si chiede se al GP di Misano Rossi sarà contestato come allora da tifosi Ducati che lui definisce "cretini".

Caro Signor Cereghini, non ci conosciamo, ma io al WDW c'ero e credo che lei abbia vissuto un'esperienza traumatica in quell'occasione: venuto per decantare e promuovere il suo ultimo libro, si è presentato sul palco  montato nella tenda riservata ai club Ducati, (notoriamente lo spazio meno "amico" di Rossi), per poi parlare ogni volta che ha potuto del sorpasso Rossi-Stoner a Laguna Seca 2008, si aspettava decine di fan scatenati e osannanti? E' stato sostanzialmente ignorato se non contestato da chi in quel 2008 tifava Ducati, e ancora oggi il suo orgoglio ne soffre, lo capisco, ma usare la televisione per sfogare le sue frustrazioni non è giusto.

Non sono uno di quei, pochi ad onor del vero, tifosi che hanno fischiato Rossi al WDW, non l'ho fatto per rispetto verso l'uomo, non per stima nei confronti del pilota, ma oggi me ne pento, perché se tutti i ducatisti devono passare per ingrati o peggio "cretini" per aver osato fischiare un Rossi che voi cosiddetti giornalisti continuate a beatificare, allora sarebbe stato meglio essere tra quei pochi fischi: avrei avuto almeno un motivo per essere definito "cretino".

Essere un tifoso Ducati merita lo stesso identico rispetto che va riconosciuto a chi tifa Valentino Rossi, ma gli insulti e le battute al vetriolo di quest'ultimi nei confronti della Ducati non vengono bollate come comportamenti di "cretini": chi tifa Rossi è intoccabile e ha ragione a prescindere.

Pensate che l'impunità di chi tifa Rossi sia giusta perché "appoggiata" dai cosiddetti giornalisti di Mediaset? No miei cari amici di giallo vestiti: i vostri insulti sono giustificati dal fatto che siete più numerosi e quindi meglio tenersi stretti tutti i tifosi di Rossi piuttosto che essere obbiettivi e portare un po' di pace tra le contrapposte fazioni: si perderebbero più potenziali clienti agli sponsor scontentando i tifosi da stadio che poco hanno a che fare con il motociclismo. Vi stanno usando, stanno sfruttando il vostro giustificato e sacrosanto diritto di tifare Rossi, solo per i propri sponsor, sono certo che molti di quelli che sentite beatificare il funambolo di Tavullia, a telecamere spente direbbero cose che vi farebbero accapponare la pelle.

E' tutta una questione economica: si fanno gli interessi della maggioranza a discapito della minoranza.

Del resto pensateci: dopo gara del Quatar Lucchinelli si permette di dire che Rossi non può, a parità di moto, andare tanto quanto va Hayden. Risultato: Lucchinelli non sarà più ospite di Fuorigiri per metà stagione. Questo dovrebbe farvi capire quanto le voci di dissenso siano bandite dagli studi di Fuorigiri: Rossi Santo Subito, tutto il resto è censura.

Per questo motivo, nel mio piccolo, attuerò l'unica forma di protesta possibile: boicotterò i prodotti sponsor di Fuorigiri ed esorterò a non comprare i prodotti dello sponsor che paga lo stipendio a personaggi come Bobbiese e Cereghini e spero che altri Ducatisti come me, smettendo di limitarsi a insultarli, (cosa tanto inutile quanto controproducente), prendano esempio e dichiarino chiaramente che non compreranno mai e anzi sconsiglieranno a tutti di comprare i loro prodotti.

Vedremo se in questo modo potremo ottenere un minimo di imparzialità da parte di Mediaset, visto che Ducati sembra non avere un management sufficientemente deciso e risoluto da arginare questa situazione indecente.

Baci,
UsuL.

giovedì 23 agosto 2012

Stoner salterà la gara di Brnò

La caviglia di Stoner
come appariva dopo il GP di Indianapolis

Ho appena letto su Twitter la dichiarazione ufficiale del Team Honda Repsol:


Repsol Honda Team ‏@HRC_MotoGP
News: Casey will return to Australia tonight to have surgery on his damaged ankle. At this moment the recovery period is not known.
(Trad.: Casey tornerà questa notte in Australia per sottoporsi ad un intervento chirurgico alla caviglia. Al momento non si conoscono i tempi di recupero.)

Quindi Stoner, dopo la gara corsa nel dolore a Indianapolis e presumibilmente su consiglio dello staff medico, rinuncia al GP di Brnò e probabilmente anche al titolo mondiale, per tornare in Australia e operare la caviglia infortunatasi nella caduta del GP americano della scorsa settimana, come detto nel comunicato: i tempi di recupero dall'intervento non si conoscono ancora, quindi dovremo aspettare la prossima settimana per sapere se Stoner sarà in griglia già dal GP di Misano o se dovrà saltare anche quello.

Non posso che augurare, nel mio piccolo, una pronta guarigione al pilota australiano, sperando che torni al Mugello per garantire quello spettacolo che, con lui infortunato a Indianapolis è mancato totalmente.

In bocca al lupo!

Baci,

UsuL

Aspettando Brnò e Mosca

Oggi non ho voglia di scrivere, quindi mi prendo un giorno di ferie, tanto non mi paga nessuno quindi non cambia nulla!

Da domani inizia il week end delle gare, perché tra MotoGP e Superbike, saremo tutti impegnati su due fronti: io mi sto già organizzando per vedere la superpole su La7 in televisione, mentre con un occhio guarderò le prove della MotoGP via streaming sul sito Mediaset, (sempre che le trasmettano in streaming), avremmo potuto tranquillamente vederle consecutivamente, ma La7 ha deciso inspiegabilmente di trasmettere la superpole in differita di un'ora, andando così ad accavallarsi alle prove della GP, come suicidarsi dal punto di vista dello share televisivo, complimenti.

Vi lascio comunque un video dal quale prendere uno spunto di riflessione, se avete voglia di riflettere sotto questo sole: il commento di Giovanni Di Pillo alla gara di Indianapolis.

Personalmente condivido il 99% di quello che ha detto il buon vecchio Giò, solo la questione asfalto/cadute non condivido: avrei preferito un'analisi più critica sul sacrificio dei tanto sbandierati standard di sicurezza, in cambio della possibilità di correre negli States!

Buona visione!

Baci,

UsuL


mercoledì 22 agosto 2012

L'informazione a senso unico è morta

Italia ... UNO!
Quello dell'informazione a senso unico, dove ci sono televisioni, radio e giornali che danno le notizie e il pubblico che le assorbe e basta, è un concetto in evoluzione, come tutto quello che riguarda l'uomo, e l'evoluzione che questa ha avuto negli ultimi dieci anni è stata quella di una sempre maggiore integrazione con la rete internet che però è per sua stessa definizione interattiva, che rende cioè tutti parte del processo informativo.

Lasciando perdere le dinamiche e le conseguenze di questa evoluzione nel mondo dell'informazione "seria", dell'attualità, della politica etc etc, questo modello di nuovo concepimento del giornalismo si sta applicando in modo selvaggio e spesso brutale, anche nel nostro piccolo mondo dello sport motociclistico.

Per certi versi io ne sono un esempio: pur essendo un semplicissimo appassionato, senza tesserino da giornalista e senza velleità di agire come uno di loro, ho comunque uno spazio in cui parlo, commento e riporto notizie, approfondendole, dando spunti di lettura e di interpretazione diversi, con un mio "pubblico" che nel corso dei mesi si è evoluto da amici e parenti, per arrivare a toccare chi non mi conosce anche nella vita di tutti i giorni, ma mi legge qui e basta.

Nei giorni scorsi ho letto discussioni infinite e insulti vari e variegati in diversi spazi internet, da twitter a facebook, indirizzati ai giornalisti di Mediaset, così ho deciso di ragionarci sopra, andare oltre l'insulto fine a se stesso, cercando di farmi un'idea sul perché si arriva a questi livelli.

Fermo restando la condanna alla maleducazione e la pochezza di spirito di chi, dietro ad un monitor, si permette di dire a chi lavora, (che sia o meno un buon lavoro), che "fa cagare", credo che ci sia qualcosa da capire da situazioni del genere, ci sia un filo conduttore dietro i continui attacchi, o i malumori che segnano sempre di più i commenti in rete degli appassionati: la mancanza di coinvolgimento.

Giusto per farvi un esempio concreto: sono appena finite le Olimpiadi di Londra, per la prima volta sono state seguite dall'emittente satellitare SKY, ma in quell'azienda hanno le idee chiare su come dev'essere l'informazione sportiva del presente, la sua interattività e il coinvolgimento del proprio pubblico in quello che da semplice commento a senso unico, diventa un'esperienza in qualche modo "corale" del vivere un evento sportivo minuto per minuto, non più "PER" i telespettatori, ma "CON" i telespettatori. Ed è per questo che per tutta la durata delle Olimpiadi, SKY ha offerto un servizio di aggiornamento continuo degli eventi e dei risultati anche su Twitter, in modo professionale e accurato, usandolo anche come mezzo per veicolare l'attenzione: in ogni messaggio, oltre al richiamo allo sport trattato nel messaggio e alla notizia in pillole, aggiungevano anche il canale del decoder dove poter vedere in diretta quello di cui parlavano.
Ma non è tutto: sul loro account twitter, oltre a lanciare tutte le notizie in pillole, rilanciavano anche i messaggi degli utenti comuni che seguivano il fluire delle notizie o l'evento sportivo in televisione, dando così la sensazione di essere partecipi all'evento, diventando essi stessi una notizia, o un commentatore per qualche secondo della propria vita.


Questo è quello che sta diventando l'informazione sportiva in internet: gli articoli o i commenti agli eventi, non sono più un flusso di idee e interpretazioni che ci colpisce e basta: diventano solo uno spunto per essere concordi o meno, per intavolare discussioni tra utenti che la vedono in quel modo e utenti che invece interpretano i fatti in modo diametralmente opposto, con buona pace per quei giornalisti che ancora pensano di essere dei maestri di sport, che dall'alto spiegano a noi gente comune come dobbiamo interpretare i fatti.

Nel caso della MotoGP, e più precisamente di Mediaset che la trasmette, questa interazione in pratica è nulla. L'unico esempio simile ad un'interazione sono i commenti del pubblico nella pagina del sito Sportmediaset.it, dove trasmettono le immagini delle prove libere e dei warm up, ma quei commenti sono riservati a chi si registra nel sito e soprattutto sono censurati preventivamente prima di essere resi pubblici. Avete capito bene, sono controllati, selezionati e poi pubblicati, nel malaugurato caso che il commento sia "scomodo", questo non appare a video, quindi non viene letto dai commentatori e non ha possibilità ne di visibilità ne tanto meno di replica. Lo so perché ho provato io stesso: sono stato "letto in diretta" più di una volta, così come ho visto sparire nel nulla, anzi, non comparire affatto, alcuni miei commenti probabilmente ritenuti scomodi o da non rilanciare, come quando, in occasione del GP di Indianapolis, ho chiesto se non fosse il caso di smettere di parlare di fanta-motociclismo, tra mercato e ipotesi di mercato per il 2013 e concentrarsi sul campionato e sulla gara attuali. Questo commento non è mai apparso, eppure non era ne offensivo, ne tanto meno inutile come "Cosa sono quelle lucette sulla tuta di Vale" che puntualmente qualcuno spedisce, ma che viene sempre approvato e rilanciato a tutti da chi si occupa di "selezionarli".

Una società come Mediaset, che ha rivoluzionato, nel bene o nel male, la televisione italiana, dovrebbe essere più che mai sensibile ai cambiamenti della televisione stessa e, così come è stata protagonista della nascita della seconda generazione della TV, dopo i decenni di monolitica presenza della RAI, dovrebbe essere pronta anche a questa terza generazione della TV: quella in cui i telespettatori diventano parte della notizia, partecipi in tutto e per tutto anche se solo pochi per volta, tutti con la speranza e la volontà di entrare a far parte della notizia, dando spunti di interpretazione personali che magari possano anche arricchire l'offerta dell'azienda.

I metodi e i modi per creare questa interattività ci sono e credetemi che non sarebbero un bene solo per noi utenti, ma lo sarebbero anche per loro, che così potrebbero gestire la cosa, invece di ignorare il fenomeno subendo così le reazioni di chi dal basso vuol farsi sentire e si sa che quando si viene ignorati, si tende ad alzare la voce, ma in un mondo come quello di internet dove non c'è volume, l'unico modo di farsi sentire è insultare, cercando di coinvolgere in quegli insulti tante più persone che si può.

Io la mia idea su cosa si può fare per creare un rapporto di fiducia reciproca e di coinvolgimento in prima persona tra i tanto criticati commentatori di Mediaset e il loro pubblico ce l'ho, vedremo se nei prossimi mesi ci arriveranno anche loro alle mie conclusioni e soprattutto se avranno intenzione di impegnarsi e come.

Baci,
UsuL

martedì 21 agosto 2012

Surfin' Ben

Ben Spies
mentre fa surf sulla sua M1 a Laguna Seca

(Credit zigwheels.com)
Cercando di sopravvivere al caldo opprimente di questi ultimi giorni di Agosto, stavo leggendo un interessante articolo su Asphalt & Rubber, (che ho già citato in un altro post), chiedendomi perché un'intervista del genere è stata sostanzialmente ignorata dalla stampa italiana, pur essendo così dura e dai toni quasi rassegnati di un pilota che sicuramente è, o avrebbe dovuto essere, un protagonista di questo mondiale: Ben Spies.

I teorici del complotto Mediasettico probabilmente direbbero che si tratta di una strategia del silenzio "imposta" dal clan di Rossi per non gettare fango sul team che tanto gli ha fatto vincere e che l'anno prossimo lo accoglierà di nuovo dopo l'esperienza Ducati, ma penso più semplicemente che la cosa sia passata sostanzialmente inosservata per una serie di motivi molto più terra terra: Ben non è un pilota "immagine" e soprattutto non è italiano.

Ben Spies, dopo l'ultimo Gran Premio di Indianapolis, si è in un certo senso sfogato, o meglio ha candidamente rivelato certi retroscena di questa infausta stagione, raccontando ai giornalisti un episodio che se fosse stato vissuto da un qualsiasi nostro pilota avrebbe creato uno scandalo peggio del Watergate.

Dopo il GP del Mugello, Spies viene avvicinato da un non meglio precisato "alto funzionario" di Yamaha che senza tanti giri di parole gli dice "MI È STATO DETTO DA QUALCUNO IN YAMAHA CHE SE NON AVESSI CORSO AL 100% A LAGUNA NON AVREI DOVUTO NEMMENO ANDARCI".

In questo anno e mezzo di tribolazione rosso-gialla, i nostri giornalisti ci hanno raccontato quanto sia difficile e delicato gareggiare con un prototipo su due ruote, come piccoli cambiamenti dell'assetto rendono la moto più o meno pericolosa, quanto una scuderia deve a tutti i costi fornire una moto competitiva, seguendo pedissequamente le indicazioni del suo pilota, non solo per una questione di risultati, ma anche e soprattutto per garantire la massima sicurezza al pilota stesso che in tal modo può veramente dare il massimo per ottenere un risultato: sono oramai passate alla storia le domande a fine gara di Beltramo, Bobbiese e Porta a Valentino Rossi su cosa non ha funzionato, sempre e comunque con la stessa risposta "Non sento l'anteriore e così non mi fido a guidarla al limite". Noi tutti, me compreso, al di là delle comprensibili differenze d'opinione, capiamo che se un pilota non si fida della moto al 100%, è ovvio che non prova ad ammazzarsi per togliere due decimi di secondo al giro.

Purtroppo con quella frase, caduta come un macigno sulla testa di Ben, la Yamaha ha dimostrato a tutti che le grandi case giapponesi non sono accondiscendenti come Ducati con Rossi: dai il massimo o stai a casa.

Nel malaugurato caso che non conosciate bene la storia della stagione di Spies, ma che al contrario abbiate sentito solo la campana Mediasettica di un ex pilota Superbike schiacciato dalla pressione psicologica della professionalità MotoGP, Ben riassume in poche parole il perché di tanti risultati scadenti, pur in sella alla moto presumibilmente gemella di quella del leader del Campionato: Jorge Lorenzo.

Parte la sua analisi dalla prima gara, il Quatar, dove dopo una caduta in prova, la Yamaha rattoppa la stessa moto e la prepara apparentemente lucida e perfetta per la gara, salvo poi scoprire che nella precedente caduta si era lesionato il telaio, con conseguente prestazione scandalosa in gara, (il distacco dal suo compagno di squadra e vincitore della gara sfiorava il minuto). Vi immaginate cosa direbbero Bobbiese, Lucchinelli e Cereghini a Fuorigiri se Rossi dicesse "Si beh, ho avuto problemi con la moto: dopo la caduta in prova si è lesionato il telaio, ma in Ducati non se ne sono accorti e me l'hanno dato da correrci sopra anche per la gara"?

Sia ad Assen che a Silverstone, le sue gomme l'hanno completamente tradito e nel caso non lo sapeste, i pezzi di pneumatico non si sono staccati solo dalla gomma di Rossi, come sembrava all'inizio, ma anche dalla sua e per ben due gran premi consecutivi! Fosse successo ad un nostro pilota, in Mediaset avrebbero chiesto la testa del Direttore Generale della Bridgestone.

Arrivato in America, nelle due gare "di casa", con la spada di Damocle sulla testa di quel aut aut del Mugello, Ben affronta la prima: Laguna Seca. Mentre percorre il famoso cavatappi, la chicane più ripida e paurosa di tutto il Campionato, si tronca di netto il telaio posteriore e Ben vola a terra in discesa, per fortuna la caduta non ha conseguenze, ma avete mai visto il telaio posteriore di una MotoGP schiantare all'improvviso in gara? Ancora una volta, non oso immaginare quale infinita polemica sarebbe nata sui nostri giornali e teleschermi, se la Ducati di Rossi avesse avuto lo stesso problema strutturale, me lo vedo Cereghini che ribadisce "Moto di merda e il fatto che si rompa ne è la prova!"

Dopo l'incredibile e inspiegabile rottura di Laguna Seca, il buon Ben si presenta a Indianapolis, sempre intenzionato a dare il 100% e dimostrare che non si meritava quel richiamo, ma come era successo in Quatar, cade in prova, come tanti altri, ma le conseguenze fisiche sono meno gravi rispetto ad altri piloti più sfortunati di lui, quindi domenica è in sella, parte come un missile, prende la testa della gara, sembra che possa fare un bel GP per una volta, poi dopo due giri viene ripreso e superato da Pedrosa, dopo sei giri il motore esplode: indovinate un po' che motore aveva? Esatto! Quello che montava la moto caduta in prova.
Anche in questo caso gli opinionisti di lungo corso avrebbero messo in croce e fustigato Ducati per non aver pensato che dopo una caduta violenta come la sua, il motore doveva essere cambiato per sicurezza, sempre se fosse successo a Rossi.

Così ci ritroviamo con un Ben Spies così rassegnato da dichiarare: "Ora andiamo a Brno e mi chiedo cosa succederà ancora", non "Se succederà", ma "Cosa succederà", come se in ogni caso qualcosa accadrà.

Ora mi chiedo e dico: capisco che Spies è un pilota americano, che è un bel ragazzotto, ma comunque è molto schivo e riservato, quindi non è un personaggio televisivo di casa nostra come Rossi, ma non sarebbe forse il caso per i nostri giornalisti, di andare a bussare al retro box della Yamaha per chiedere spiegazioni? Se non altro perché quella moto avrà il 46 l'anno prossimo. Siamo sicuri che non subirà lo stesso trattamento anche il Funambolo di Tavullia?
Ma soprattutto: perché non chiedere in modo gentile e delicato come un martello pneumatico, se la moto di Spies è veramente come quella di Lorenzo? Non sarà che Yamaha su quella seconda moto sperimenta componenti e assetti così estremi da stracciare le gomme come ad Assen e Silverstone, e che essendo semplicemente una moto laboratorio, non si degnino nemmeno di usare la seconda moto non incidentata in caso di caduta nei giorni di prove?


Non so cosa ne pensino i nostri giornalisti, quelli veri non quelli da salotto come me, ma io un terzo grado a quelli di Yamaha lo farei.

Baci,
UsuL

P.S.: Per chi volesse approfondire, vi lascio un paio di link utili:

Intervista originale di Ben Spies ad Asphalt & Rubber (in Inglese)

Intervista originale di Ben Spies ad Asphalt & Rubber (tradotta in Italiano)

Articolo che riporta e commenta l'intervista su Motociclismo.it

lunedì 20 agosto 2012

Week end a stelle e strisce

La migliore immagine per descrivere Indianapolis
(Credit asphaltandrubber.com)
Il week end a stelle e strisce è finalmente finito, ma a quanto pare le stelle e le strisce non sono state solo quelle della bandiera statunitense, per i piloti del circus MotoGP le stelle sono quelle che hanno visto gli innumerevoli piloti che hanno "saggiato" l'asfalto di Indianapolis con il loro corpo e le strisce son state quelle tracciate delle loro moto cadute.

Quest'ultimo week end di gare americane è stato denso d'emozioni, forti e travolgenti, ma che nulla hanno avuto a che fare con il motociclismo sportivo: dall'indignazione per i soccorsi a Hector Barberà, sollevato da terra e messo sulla barella come se fosse un sacco di patate e che poi si scoprirà avere tre vertebre fratturate, alla sofferenza che ho provato anche io qui sul divano nel guardare uno Stoner con i tendini della caviglia lesionati, combattere per tutta la gara e riuscire ad arrivare quarto non ostante il dolore e il rischio di peggiorare la sua situazione, fino allo stupore nel vedere la Yamaha di Ben Spies che lo lasciava a piedi, ma in pieno american style: con una cortina fumogena così spettacolare da far invidia agli F-18 che sfrecciano sopra il circuito prima di ogni gara statunitense.

Indinapolis anche per quest'anno è finita e non posso non pensare che sarà anche il tracciato motoristico più grande del mondo, che potrà accogliere centinaia di migliaia di spettatori, ma sta di fatto che è stato concepito, costruito e viene utilizzato per dare spettacolo in un ovale, mentre decine di macchine stra potenziate corrono in tondo un giro dopo l'altro per centinaia di giri, quel tipo di gara che è facile da seguire anche dopo tre o quattro birre, mentre si addenta voracemente un hot dog, ma di certo non è fatto e non è preparato per ospitare il motociclismo, soprattutto quello delle delicatissime e super tecnologiche MotoGP.

Parlando del week end di gara si può dire che, se possibile, il circuito dei record ne annovererà uno nuovo: è riuscito a rendere noiose e piatte anche le gare di Moto3 e Moto2, abbassando il livello dello spettacolo a quello della MotoGP.

In Moto3 Vinales ha provato a dare un po' di spettacolo, ma ha trovato solo l'asfalto ad accoglierlo a braccia aperte, mentre è sicuramente degna di nota l'intelligenza del nostro Fenati che, visto il circuito che non conosce e che di sicuro non aveva intenzione di conosce meglio, strisciandoci sopra a pelle di leone, ha fatto una gara paziente e di conserva, senza stra fare, portandosi a casa un quinto posto che non entusiasma, ma che in ottica di classifica mondiale è più che ottimo.

In Moto2 c'è stata una sola voce fuori dal coro: quella di Corsi. Il pilota della Came Ioda parte dal dodicesimo posto in griglia, taglia il traguardo del primo giro in ventesima posizione, al dodicesimo giro è settimo, al diciottesimo è sesto, poi nel finale probabilmente le gomme gli presentano il conto e paga lo scotto di una rimonta così furibonda chiudendo ottavo. 
Ovviamente la regia internazionale della DORNA lo ignora, come si ignorerebbe un bambino viziato in cerca di attenzioni: far vedere un pilota che sorpassa tutti in quel modo potrebbe ricordare alla gente che lo spettacolo del motociclismo è quello, che siano le battaglie coltello tra i denti da guardare e non i riscontri cronometrici.
Poco male: non abbiamo potuto vedere la sua furibonda risalita nelle immagini televisive, ma c'è stata e possiamo solo che dare onore al merito di questo pilota che non sarà il prossimo divo della MotoGP come Marquez, ma che di sicuro ha corso una gara fenomenale, lo sa lui, lo sanno gli altri piloti che l'hanno visto passare e andarsene nei primi dieci e lo sappiamo noi, bravo Simone!


Parlando di italiani non si può non pensare a Iannone che però, da quello che ho capito, ha avuto problemi con le gomme e dopo una buona partenza, scattato dalla seconda casella, taglia il traguardo del primo giro in testa e dopo che un gasatissimo Aegerter lo passa, seguito a ruota dal solito Marquez, guida la rimonta ai due fuggitivi, fa anche segno a Espargarò di stargli in scia per andare a riprenderli, ma dopo poco più di dieci giri si ritrova decimo, il calo delle prestazioni è netto e Ianno riesce solo a contenere le perdite chiudendo alla fine della gara con un nono posto, alle spalle dell'arrampicatore Corsi e d'avanti al coriaceo Corti, creando così il pacchetto degli italiani: ottavo, nono e decimo, che se paragonato al pacchetto degli spagnoli, (primo secondo e terzo), non sembra un gran risultato, ma tant'è che dobbiamo accontentarci, e visto che tutti e tre hanno dato l'anima per arrivare in fondo alla gara, si meritano comunque i nostri complimenti!

Due note di colore, la prima sono le carene di Marquez: a Indianapolis è riuscito a grattuggiarle entrambe come fossero saponette della sua tuta, se pensiamo all'asfalto killer che ha mietuto vittime eccellenti come Stoner Spies e Hayden, vederlo grattare le carene in piega mi ha fatto venire i brividi. La seconda è la sfiga assurda di De Angelis, travolto dal belga Simeon che ha rischiato il tutto per tutto, con una staccata così al limite da superarlo cadendo a terra e travolgendo il pilota San Marinese, c'era in ballo l'onore della diciottesima piazza in classifica, non mi stupisco quindi che Alex abbia avuto una reazione a metà tra il disperato e l'incredulo, per fortuna si è limitato ai gesti, senza mettergli le mani addosso, ma sinceramente un richiamo al belga ci starebbe tutto: capisco il sorpasso al limite che finisce male, ma non di certo per la diciottesima posizione, senza speranze di andare oltre.

MotoGP, cosa dire di una gara che di per se è stata la solita noia mortale, vissuta negli acuti di Meda che annuncia con fervore il recupero di Lorenzo su Pedrosa: "ha guadagnato sette decimi di secondo! Ora è a meno di cinque secondi dal connazionale!"?

La gara intesa come competizione è tutta lì: il distacco più o meno abissale tra primo e secondo, seguito dal distacco più o meno abissale tra il secondo e il terzo.
L'unica bagarre di sorpassi coinvolge esclusivamente Stoner che, con i legamenti della caviglia strappati, il piede praticamente ingessato, indossando uno stivale di due taglie più grande per contenere il gesso, ha dato spettacolo lo stesso, sfiorando di poco la soddisfazione di arrivare sul podio. Soddisfazione che Dovizioso gli ha tolto, ma che in fin dei conti gli ha permesso di arrivare direttamente ai box, accasciarsi sulla sua moto per qualche istante ed essere portato il prima possibile nel suo camper, a riposare, dopo aver dimostrato una volta di più che i deboli di carattere non stanno a casa sua, ma che forse è meglio cercarli da un'altra parte, a lottare su una MotoGP contro le CRT.

Detto questo il resto della cronaca di questa gara che si preannunciava ad eliminazione viste le cadute di Barberà, Spies, Stoner e Hayden, si limita all'amaro in bocca un po' per tutti: per Pedrosa che vince, ma c'è subito chi gli ricorda che Stoner era rotto, per Lorenzo che arriva secondo, ma così distante che l'omino che sventola la bandiera a scacchi s'è fatto un hot dog tra l'arrivo di Daniel e il suo, per Dovizioso che si aggrappa ad un terzo posto, l'ennesimo scalino più basso del podio che sarebbe un successo con una moto clienti, non fosse che lo agguanta solo per la sfiga degli altri.

Di amaro in bocca per Crutchlow si parla più per il mercato piloti: dopo che il compagno di squadra italiano gli ha soffiato innumerevoli volte la scena in pista, il suo ingaggio in Ducati dell'ultimo minuto gli soffierebbe anche la moto ufficiale che tanto sognava. In gara si stende, ma in questo week end l'importante non era non stendersi, era non farsi male quando succede: è contento.

Ben Spies invece è sereno e tranquillo, lo ha dichiarato in un'intervista al sito "Asphalt and rubber", (asfalto e gomma per i non anglofoni), dopo l'esplosione del motore di ieri, il cedimento strutturale del forcellone posteriore di Laguna Seca, l'autodistruzione della gomma posteriore, il telaio rotto, insomma la lista dei "problemi tecnici" del pilota americano è infinita, quindi il buon Ben dice che l'ha presa con filosofia: ora si sta chiedendo cosa si romperà a Brnò, le scommesse sono aperte, fare il vostro gioco!

Gli unici veramente soddisfatti sembrano essere in primis Bradl, il pilota tedesco all'esordio in MotoGP è sempre lì, nei primi dieci, a lottare per quanto la sua Honda clienti gli permetta, per un posto onorevole nella classifica finale: il premio di esordiente dell'anno se lo merita tutto, anche se a ben vedere è l'unico esordiente in MotoGP, le CRT non contano, non si possono paragonare.

Anche Valentino Rossi è soddisfatto: è arrivato a fine gara, non si è fatto male, è riuscito a tenere a bada le CRT ed essendoci in pista le Ducati di Abraham così veloce da trovarsi in bagarre con le CRT ed Elias che non voleva far la fine del pilota che sostituiva, Barberà, finendo a fargli compagnia in ospedale, è riuscito a vincere ancora una volta il Trofeo monomarca Ducati MotoGP.

Passa quasi inosservato il povero Hernandez, il pilota colombiano che ha vinto la speciale classifica delle paramotociclette dette anche CRT: la sua gioia è incredibile, nel parco chiuso copre la sua moto con la bandiera colombiana, non sta nella pelle, almeno qualcuno di veramente felice a Indianapolis c'è stato.

Baci,
UsuL.

domenica 19 agosto 2012

Piccolo sfogo personale

Rossi che pensa a quante gare mancano
alla fine del suo campionato.

(Credit: lastampa.it)
Per una volta faccio un po' il giornalista anche io: ipotizzo e faccio delle illazioni varie e variegate.

Valentino, non è ora di dire basta?

Facendo il dietrologista che ipotizza e spara sentenze, dopo aver visto questa gara ho avuto la netta impressione che Rossi abbia corso solo per fare presenza, senza la pressione di dover stare d'avanti ad altre Ducati come quella del compagno di squadra Hayden, fermato ai box dalla frattura alla mano, o quella di Barberà che era guidata da Elias, visto che il buon Hector era già in Spagna a curarsi dalla caduta di venerdì.

Sembrava quasi che il 46 Nazionale facesse gara sulle CRT, andando quel minimo che serviva per arrivare prima di loro, ma senza nemmeno provare ad andare come dovrebbe andare una MotoGP.

Tornando un minimo in me stesso lo so che guidare una MotoGP è un'arte che io non posseggo e che mai avrò, so anche che sono l'ultimo uomo sulla faccia della terra che può permettersi di criticare un pilota, uno qualsiasi, figuriamoci "Valentino 46 Rossi", ma quel retro gusto amaro rimane: quella sensazione che Vale voglia solo portare a casa la pellaccia, senza rischiare, giusto per fare presenza, arrivare ai box, dire due minchiate a caso all'inviato Mediaset di turno, ridacchiare in diretta con gli amici del bar sport Fuorigiri, far finta di considerare Bobbiese un vero giornalista e poi via, verso il dopo gara con Uccio&co.

Non ci sarebbe più onore e più buon senso nel cercare un accordo con Ducati e gli sponsor annessi, per chiudere ora la stagione, prendersi il tempo per rilassarsi e lasciare che a Borgo Panigale cerchino una nuova strada, magari cercando un approccio diverso o comunque dando quella moto a qualche pilota che ha bisogno di competere, di farsi vedere, che la apprezzi per quello che è e non che la porti a spasso perché è un dovere?

Valentino Rossi è un Campione, soprattutto fuori dalla pista, sa bene come farsi amare dal pubblico e di conseguenza sa anche quanto, ora come ora, il pubblico sta perdendo interesse e in qualche caso il rispetto nei suoi confronti. Decidere di staccare la spina ora sarebbe un atto coraggioso che sicuramente Mediaset aiuterebbe a far passare per eroico, anzi epico, di certo sarebbe meglio di trovare scuse gara dopo gara.

Ora che mi sono sfogato sto meglio ...

Baci,
UsuL.

venerdì 17 agosto 2012

Cerco collaboratori esperti in gossip

Non vedo l'ora di rivederlo così.
Nemmeno il tempo di poter dire che si torna a parlare di motociclismo, dopo i giorni convulsi di comunicati stampa annunciati, poi smentiti, poi anticipati sulle scelte di mercato di Valentino Rossi, che alle porte del rientro in pista per i piloti del Motomondiale il gossip più becero e inutile tiene ancora banco tra le notizie principali riguardo alla MotoGP.

Personalmente mi ero illuso, non essendo un vero giornalista, che si sarebbe parlato di motociclismo dopo la fine del tormentone estivo su Rossi, ma dovevo capirlo che era impossibile: oramai la MotoGP intesa come competizione motoristica a due ruote, è solo un corollario necessario, ma quasi ignorato, che fa da cornice alle vicende personali, alle chiacchiere, alle dichiarazioni più o meno veritiere, agli amori in pista e fuori di essa, ai sentimenti e alle speranze di un pilota, anzi DEL pilota: Valentino Rossi, tutto il resto, per il giornalismo professionale e attento al mondo del motociclismo, è insignificante.

Ed è così che giornalismo nella MotoGP vuol dire prendere pezzi di dichiarazioni di Stoner, rilasciate nel corso degli ultimi tre o quattro anni, farne un collage accurato e spacciarle per una intervista fiume in cui il pilota australiano attacca con parole al vetriolo il funambolo di Tavullia.
E' così che su tutti i social network si scatenano i fans in giallo e in rosso, con immagini più o meno beffarde, fatte ad arte per ridicolizzare l'uno o l'altro pilota.
E' così che i media seri riportano indiscrezioni spacciandole per notizie e smentiscono platealmente verità scomode, (come fu per il famoso messaggio su twitter di chi aveva visto fisicamente Rossi alla Yamaha ai primi di Agosto), scrivendo anche articoli su quanto noi comuni mortali non possiamo nemmeno sognarci di capire o criticare i piloti della MotoGP, parole scritte da chi in passato ha criticato a destra e a manca tutti i piloti che non fossero "LUI".

Questo week end la MotoGP correrà a Indianapolis, tutti attenderanno con impazienza il gossip del lunedì, come per il calcio: non importa il risultato della partita, l'importante è sapere cosa hanno detto i calciatori sotto la doccia e chi va a letto con chi, (sempre che si parli di rapporti eterosessuali, quelli omosessuali non esistono, mi raccomando), e compagnia cantando.

Quindi mi sa che se voglio veramente che questo mio blog sia letto, devo assumere un'esperta di gossip e indiscrezioni maliziose, allora si che sarà all'altezza dei grandi professionisti dell'informazione sportiva.

Inviare curriculum vitae, astenersi perdi tempo, persone intelligenti e appassionati di motociclismo.

Baci,
UsuL

venerdì 10 agosto 2012

Rossi Ducati - La fine ufficiale del matrimonio che non s'era da fare

Niente più emicranie dall'anno prossimo per Rossi
(Credit derapate.it)
Il Comunicato Stampa apparso puntualmente, come predetto, questa mattina nel sito di Ducati Motor, pone la parole fine in modo ufficiale a questa travagliata e difficoltosa convivenza tra il pilota più amato della MotoGP e il marchio motociclistico più amato della MotoGP, (solo Ducati ha dei veri e propri tifosi, le altre marche godono del tifo riflesso dai loro piloti).

Il comunicato è ne più, ne meno di quello che mi aspettavo da un'azienda seria e sempre molto rispettosa dei suoi piloti: lineare, asciutto, senza accuse o altro, scritto con la mano ferma e decisa di chi ha già metabolizzato le delusioni in pista, e fuori, di un rapporto di collaborazione che non sarebbe mai andato a buon fine.

Visto che siamo al Bar Sport non farò come i giornalisti professionisti che scrivono due righe e poi copiano incollano il comunicato per scrivere il pezzo: i quarantenni con panzetta e birra alla mano, seduti al tavolino del Bar Sport, non leggono agli altri cosa c'è scritto sul comunicato stampa, ne parlano dicendo le loro castronerie ed è quello che voglio fare anche io, ma se proprio volete leggerlo integralmente lo trovate nel sito ufficiale Ducati a questo indirizzo: Comunicato Stampa Ducati.

A questo punto c'è da dire una cosa, e cioè che personalmente ho la sensazione che ci siano in realtà due Campionati Mondiali MotoGP: quello che si corre in pista e quello che si racconta al di fuori di essa.

Mai come in questi ultimi anni, quello che si corre in pista è noioso e spesso quasi scontato, di sicuro senza una vera lotta sportiva, ma solo un confronto tecnologico misurato con il cronometro e non con il coraggio e lo stile di guida dei piloti, mentre quello che si corre al di fuori, tra i commenti in televisione e le parole scritte su giornali e blog, è sempre movimentato e pieno di colpi di scena.

E' così che oramai stiamo vivendo la MotoGP: una gara a chi la spara più grossa e ci azzecca, un confronto su chi ha la percezione personale delle vicende tecniche e umane dei piloti che sia più condivisa dal totale degli appassionati e vince chi convince di più i tifosi su quello che pensa stia succedendo.

La sfida tanto conclamata di Rossi per rendere vincente la Ducati è stata la prima azione di convincimento della stampa: Ducati già vinceva con Stoner, non c'era nulla da salvare a Borgo Panigale, mentre Rossi aveva scelto di imporre a Yamaha un aut aut: o io o Lorenzo e a Iwata avevano scelto Lorenzo, quindi lui non aveva più una sella ufficiale per il 2011 se non quella di Ducati e se vi vengono a dire "Si, ma vinceva solo con Stoner", beh, mi spiace dirlo perché stimo sinceramente il talento di Rossi, ma vuol dire che Stoner è meglio di lui se, a parità di moto, è riuscito a vincere in sella alla Rossa, laddove Valentino arrivava quinto o sesto trenta e passa secondi dopo il primo, che spesso era proprio quello stesso Stoner, che su una moto così diversa dalla sua Desmo Sedici, era ancora lì, sul podio.

A questo punto il discorso è sempre quello: Rossi non ha voluto, saputo o potuto modificare il suo stile di guida per riuscire a vincere con Ducati e parallelamente Ducati non ha voluto, saputo o potuto modificare così radicalmente se stessa per poter vincere con Rossi. La ragione sta nel mezzo, senza se e senza ma, perché l'anno prossimo si sprecheranno quelli che continueranno a dire che Rossi in Ducati ha fatto la figura del pallone gonfiato, tutto chiacchiere e niente risultati, come se solo il passato sportivo di Ducati contasse per vincere, e quelli che metteranno in croce Ducati perché non sa fare una moto competitiva, visto che Rossi non ci ha vinto sopra, come se solo il pilota e il suo passato blasonato contassero per vincere.

Il 2013 è già ora, nelle parole di Guido Meda a proposito del divorzio tra Rossi e Ducati di qualche giorno fa: 

I rischi stanno piuttosto nella possibilità che la M1 lasciata nel 2010 non sia più la stessa moto che Valentino rimpiange e che i segni delle botte, quelle vere e quelle spirituali, prese con Ducati abbiano inciso il pilota.

In Mediaset stanno già preparando le scuse per giustificare Valentino Rossi se non sarà campione del mondo 2013 o peggio, se non riuscirà ad essere competitivo nemmeno su una Yamaha, perché l'importante per la MotoGP moderna non sono i risultati in pista, a prescindere dal pilota o dal mezzo: l'importante è che Valentino sia Valentino, perché senza di lui, ci hanno detto fino alla nausea, non c'è il vero spettacolo della MotoGP ed è per questo che, con tutto il rispetto e l'ammirazione che ho per Valentino Rossi, non vedo l'ora che si ritiri dalla massima serie, anzi, che si ritiri dal motociclismo: per non avere più la sensazione che quelli che gareggiano in MotoGP sono solo dei fantocci messi lì per essere sorpassati e battuti da Rossi, e con il timore che Valentino passi alla Superbike e sentire in televisione, (e di riflesso nei bar sport di tutt'Italia), che il Re del motociclismo va a rendere professionale e competitivo il campionato di serie B che noi motociclisti appassionati amiamo tanto e spesso preferiamo a quello che loro ci raccontano essere la massima serie.

E ora, visto che il Bar Sport in realtà è casa mia, il caffè devo ordinarmelo, farmelo e servirmelo da solo, quindi vi auguro una buona giornata e meditate gente: la MotoGP si corre in pista, non nei commenti dei giornalisti, ne tanto meno nelle chiacchiere dei blogger come me, usate la vostra testa, rispettate tutti, piloti e moto, e cercate di vivere in modo sano ed educato la passione delle due ruote che per noi motociclisti è rispetto reciproco con il sorriso nel casco e le dita della mano sinistra che salutano quando ci si incrocia per strada, lasciate le guerre d'opinione e il tifo da stadio a chi segue il calcio.

Baci,
UsuL

giovedì 9 agosto 2012

Triatleta Troy


Questa mattina, ancora un po' stordito dal risveglio traumatico causato tra parentesi dalla mia cagnolina di 30 kg che abbaiava a qualsiasi essere vivente e non, che passasse a meno di un kilometro dal giardino, mi sono trovato di fronte un twitt di Troy Bayliss, era l'annuncio della sua partecipazione ad una gara di triathlon.

Piccola parentesi: per chi non lo sapesse, credo pochi comunque, il triathlon è una gara di resistenza che si sviluppa in tre fasi e nel caso della gara a cui partecipa lui saranno: 2km di nuoto seguiti da 120km di bicicletta e infine 20km di corsa a piedi, tanto per gradire, il tutto senza soste, intendiamoci!

Pensarlo mentre partecipa a questa gara, non so perché, mi ha ricordato quei fumatori incalliti, che per un motivo o l'altro, si trovano costretti a dover smettere di colpo e quindi, per resistere alla tentazione, deviano la loro ossessione dalla sigaretta alle caramelle, o ai chupa chups e chi più ne ha più ne metta, ma che nel loro intimo vorrebbero solo accendersi una sigaretta.

Ecco, secondo me Troy, partecipando al triathlon sta facendo proprio questo: ridirige la voglia che sfrigola dentro di lui di tornare in sella ad una moto da corsa nel mondiale Superbike, con quella mazzata incredibile e, come nel caso del fumatore, state pur certi che non gli passa la voglia di moto.

Baci,
UsuL.

mercoledì 8 agosto 2012

Petrucci Iannone - Scintille digitali

L'immagine al centro della controversia
In un primo momento avevo deciso di "ignorare" il battibecco che c'è stato in forma telematica tra Iannone e Petrucci, ma visto che ho notato che c'è chi ha cercato con google indizi su quello che è successo, (approdando nul mio blog, solo Google sa perché), ho cambiato idea e ve la racconto.

In realtà non c'è molto da dire, ma comunque ecco cos'è successo: Petrucci tre giorni fa, parlando con un amico su Twitter, gli chiede di mettere con photoshop un numero su una carena, perché a quanto pare questo migliora le prestazioni, la reazione di Iannone è rapida, voi vi chiederete ... perché?

Iannone in quei giorni aveva appena finito di provare la Ducati MotoGP al Mugello e si era così tanto esaltato che aveva cambiato la sua immagine del profilo di twitter, mettendo il primo piano del muso della Ducati ufficiale non so se di Rossi o Hayden, ma solo dopo aver cancellato il 46 o il 69 e messo il suo 29.

A questo punto è ovvio che Iannone abbia pensato ad una frecciatina nei suoi confronti, anche considerato che i due si giocano un posto sulla Ducati dello Junior team l'anno prossimo, probabilmente insieme a Redding.

Petrucci cade dalle nuvole ai primi interventi di Iannone, spiega che si trattava di una battuta riferita ad un loro amico che corre con loro nelle mini moto e che lui non c'entra nulla.

Da quel momento scambi di frecciatine e messaggi tra l'ironico e il caustico tra i due rampolli italiani, che sembrano lanciati in una sgomitata "virtuale" per mettersi in cattiva luce l'un con l'altro.

Fin qui i fatti, tutto il resto sono supposizioni e ipotesi, ma quelle le lascio ai giornalisti veri, io mi limito a notare che forse uno scambio di messaggi privati tra i due, o meglio ancora una birretta al bar insieme, avrebbe risolto tutto ed entrambi avrebbero fatto una figura migliore: azzuffarsi su twitter in diretta nemmeno criptata come farebbe la RAI per la F1, non è proprio il massimo dello stile.

Ancora una volta, oltre che in pista, dovrebbero imparare da Valentino Rossi, lui twitter lo usa, per la gioia di tutti i suoi tifosi che così hanno l'impressione di far parte della sua vita, ma si guarda bene di parlare di qualsiasi cosa seria che riguardi se stesso o il suo lavoro, simpatico e presente con foto di record alla playstation o degli amici, ma mai e poi mai nulla che riguardi le gare: lui sa bene che tutti lo vedono e c'è sempre chi è pronto a sfruttare, analizzare o fraintendere ogni parola che incautamente gli dovesse sfuggire in rete.

Baci,
UsuL

Sbatti il mostro in prima pagina

Preferisco ricordarlo così.
Una volta di più, esco per qualche istante dal mio orticello del motociclismo, per parlare delle mie impressioni sulla conferenza stampa di Alex Schwazer, il maratoneta trovato positivo al controllo anti doppig.

Alex ha messo in riga tutti, era il grande accusato, ma a me è parso più il grande accusatore.

Accusatore di un mondo, quello dello sport moderno, così estremo da rendere impossibile una carriera a chi non sacrifica tutto, e dico tutto, nella vita. Uno sport fatto di lacrime e sudore, non quelle piante mentre si taglia il traguardo per primi, ma quelle versate ogni giorno, ricollegandosi indirettamente alle parole della Cagnotto che ieri sera, ospite della RAI, spiegava che lei si allena poco più di sei ore al giorno, sei giorni su sette per un totale di 80/100 tuffi al giorno.

E poi c'è la paura di fallire, la paura di non essere all'altezza e delle critiche tanto feroci quanto sono state grandiose le lodi nel momento della vittoria, perché lo sport è anche quello: sei Dio quando vinci, sei uno scoppiato, un finito, nel momento in cui non lo fai. E come lui di esempi ce ne sono tanti, troppi, dalla Pellegrini nel nuoto a Valentino Rossi nella MotoGP.

Siamo il popolo degli estremi: o vinci o sei una nullità, perché fa paura essere umani, fa paura non essere speciali, perché a noi piccoli ometti che vivono il sogno degli altri nello schermo della televisione, fa paura che i nostri eroi falliscano, perché sarebbe di riflesso il nostro fallimento.

In tutto questo irrompe un giornalismo da periodico scandalistico, che tratta tutto con una semplicità e superficialità che ti aspetteresti al massimo da un bambino di sei anni e che in quella conferenza stampa Alex ha zittito chiedendo loro la risposta a certe domande così insulse da sembrare fatte più per aprire bocca che per capire veramente come si sono svolti i fatti e quali sono state le motivazioni più intime che hanno portato un atleta che, volente o nolente, è stato un eroe degli uomini qualunque come me, che hanno vissuto con lui le lacrime di gioia nel tagliare per primo il traguardo olimpico, ma che non c'erano quando piangeva per la fatica degli allenamenti, che non c'erano quando leggeva le critiche dei giornalisti al minimo cedimento delle sue prestazioni e che, forse troppo semplicisticamente, oggi lo criticano ferocemente per lo sbaglio che ha fatto.

Alex si squalifica a vita: non tornerà più allo sport, quanti di noi sono stati così duri con se stessi dopo un errore? Perché guardatevi allo specchio e dite a voi stessi che non avete mai sbagliato: vi starete mentendo.

Eppure siamo tutti qui, chi più chi meno, a criticare lui, ma saremmo pronti a perdonare noi stessi in un lampo.

Alex Schwazer se ne va, non dalla porta di servizio nascondendo la faccia per la vergogna, ma a testa alta dalla porta principale anche se con l'umiltà di un uomo che ha fatto un errore, che ne ha affrontato le conseguenze e ne pagherà lo scotto, lasciando al contempo un messaggio pesante: se non ci fossero le squadre sportive di Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e via dicendo, non ci sarebbe lo sport agonistico in Italia e forse è questo il punto più preoccupante per tutti, ma i giornali si occuperanno solo del suo errore, gli errori del management sportivo italiano non li vedranno, perché è politicamente scorretto criticare certe persone e allora vai, sbatti il mostro in prima pagina e avanti così, pronti a criticare il prossimo atleta che farà un passo falso, comodamente seduti in sala stampa o sul divano di casa, senza sapere cosa sia il vero sacrificio di chi fa sport per vivere.

Baci,
UsuL.

martedì 7 agosto 2012

Il tomento estivo "Ducati si, Ducati no" è finito

Rossi saluta e se ne torna in Yamaha
L'onore di mettere la parola fine al tormento estivo sulla permanenza in Ducati del funambolo di Tavullia, Valentino Rossi, è spettato a Luca Budel, il direttore di Sportmediaset Motori, con un suo piccolo articolo sul loro sito: MOTOGP: ROSSI-YAMAHA, È FATTA.

Sinceramente, al di là delle preferenze personali e delle considerazioni che se ne possono trarre, sono felice che si sia messa la parola fine a questa travagliata attesa di una decisione da parte di Rossi sul suo futuro, in parte perché come appassionato Ducati volevo capire il destino del marchio in MotoGP e in parte perché penso che tutto questo show mediatico sulle scelte di mercato e sulle fantasie per il futuro di Rossi, siano deleterio per lo sport del motociclismo che dovrebbe essere incentrato sulle gare, non su cosa farà l'anno prossimo questo o quel pilota.

Ci stiamo sempre più avvicinando alla percezione di un motociclismo visto un po' come il calcio: fatto di singoli elementi che mettono in secondo piano tutto il lavoro di intere squadre, di pettegolezzi e ipotesi più o meno possibili che trovano più spazio dei risultati reali e tangibili, di gare commentate parlando del possibile futuro di questo o quel pilota in sella a questa o quella moto e non di cosa succede in pista.

Ora da dirimere rimane solo la questione su chi sarà il compagno del coriaceo Nicky Hayden in sella alla seconda Ducati del team factory per i prossimi due anni.

Nel suo articolo Luca Budel indica i due nomi più scontati: Andrea Dovizioso e Cal Crutchlow, ma secondo me la scelta potrebbe essere diversa, anzi dovrebbe essere diversa.

In passato Ducati ha vinto quando ha scommesso su un pilota giovane, un pilota acerbo che non avesse uno stile personale per guidare una MotoGP e secondo me è proprio questo che ha reso così difficile il rapporto con Rossi: lo stile di guida.

Mi spiego meglio: se un pilota è abituato da diverse stagioni a guidare una moto con determinate caratteristiche tecniche, sarà per lui difficile abituarsi alla nuova moto, anche e soprattutto se questa è fortemente diversa da quella che è abituato a guidare.
Rossi non è riuscito a passare dallo "stile Yamaha" allo "stile Ducati", Dovizioso ha fatto fatica a passare dallo "stile Honda" allo "stile Yamaha" e via dicendo.
A questo punto non sarebbe meglio che Ducati, con un pizzico di umiltà e scommettendo sul futuro di giovani promesse, tenendo fermo il concetto dello Junior Team con Pramac, non pensasse di prendere Iannone come compagno di squadra di Hayden, portando parallelamente Redding e Petrucci nel team Pramac?

Secondo me il vantaggio di avere Iannone nel team principale sarebbe quello di fare una scommessa su un pilota vincente e costante, ma senza un'impostazione precisa nello stile di guida di una MotoGP, fresco di un campionato come quello della Moto2, in cui le moto vanno strizzate per le palle e di certo non guidate di raffinatezza come si farebbe con una Yamaha MotoGP e quindi com'è abituato ora Dovizioso.

Non fraintendetemi, stimo e ammiro sia Dovizioso che Crutchlow, ma non è tanto una questione di talento fine a se stesso, queste due stagioni con Rossi lo dimostrano ampiamente: il talento del pilota poco importa in un mondo in cui le moto sono così estreme che non permettono risultati a chi non ne asseconda le caratteristiche e penso che Dovizioso abbia uno stile di guida molto pulito e preciso, in stile Valentino, che quindi mal si adatterebbe alla Ducati, mentre Crutchlow, come ha già detto Hayden qualche settimana fa, ha uno stile troppo esuberante per una moto che va assecondata e domata.

Ci sono poi mille fattori completamente esterni al puro e semplice talento del pilota da considerarsi nell'assegnazione di una sella su di una moto ufficiale, innanzitutto la nazionalità: Hayden è importante per Ducati nel senso che comunque, al di là dei risultati, porta visibilità negli States, ma l'altra guida, per mantenere certi sponsor marcatamente italiani e impegnati soprattutto nel mercato italiano, dovrebbe essere un nostro connazionale che sarebbe molto più appetibile di un inglese come Crutchlow, questo metterebbe in vantaggio Dovizioso, ma siamo sicuri che lo stesso Andrea voglia una Ducati?
E così ritorniamo su Iannone: italiano, giovane, a suo modo un personaggio simpatico che può essere un'attrattiva per gli sponsor, insomma sia tecnicamente che a livello marketing Ianno per me sarebbe la scelta perfetta.


Vedremo cosa decideranno i vertici di Ducati Corse, nel frattempo possiamo goderci un po' di relax questo Ferragosto, con il cuore in pace sapendo che Valentino sarà di nuovo competitivo l'anno prossimo da un lato e perché no, sperando anche in una Ducati che gli dia del filo da torcere in pista, stavolta agonisticamente parlando, dall'altro.

Baci,
UsuL

lunedì 6 agosto 2012

Wetrace: il tana libera tutti di Infront?



Ieri a Silverstone il fantasma della disfatta organizzativa di Monza ha fatto capolino nei paddock del mondiale Superbike che sembra sempre più essere una versione professionistica dei guidatori della domenica: alle prime gocce di pioggia scatta il panico e tutti sembrano aver disimparato come si guida.


E' ovvio che professionisti del calibro di Melandri, Biaggi e Checa non sono dei novellini che si spaventano per la pioggia, eppure è quella la sensazione per chi, profano e spiaggiato sul divano, la domenica pomeriggio si gusta le gare con una birra fresca in mano.


Ma siamo sicuri che siano veramente così imbranati e paurosi se messi a confronto con le vecchie glorie che ci fecero sognare sotto la pioggia nel secolo scorso?


E' facile per chi, come noi frequentatori del Bar Sport, commentiamo da spettatori una situazione che però non viviamo direttamente. La tecnologia e le prestazioni dei mezzi con i quali corrono oggi sono così diverse ed estremizzate se confrontate con la 888 di Falappa, la stessa 888 protagonista del video della gara all'Osterreichring gara 2 del 1993 che tanti appassionati ancora oggi puntano come prestazione di riferimento, che potremmo tranquillamente affermare che sarebbe come paragonare una moderna R1 stradale con una minimoto. Meno cavalli, ciclistica meno estrema, moto più pesanti, ma sopratutto gomme diverse, molto diverse, forse troppo diverse.


Ed è su questo punto che oggi, dopo la gara di ieri a Silverstone, vorrei fare una piccola "riflessione aperta": su come e quanto "pesano" i pneumatici nel motociclismo professionistico di oggi.


Guardando le fasi concitate che hanno preceduto entrambe le partenze delle due gare di ieri in Inghilterra, mi sono ritrovato a riflettere sulla questione della scelta della gomma in relazione allo sviluppo delle condizioni climatiche: c'era pista bagnata, ma non troppo e non ovunque e in questo caso cosa scegliere?
Le slick ovviamente scivolano e non garantiscono al pilota di correre in totale sicurezza, mentre le moderne gomme da bagnato, per cercare la prestazione estrema, non permettono ai piloti di correre su una pista che non sia completamente e totalmente bagnata, perché se si corre su tratti non inondati, il pneumatico si scalda a dismisura, (normalmente sarebbe raffreddato dall'acqua), distruggendosi in pochi giri.



La direzione gara, (leggi i giudici chiamati da Infront), come troppo spesso accade ultimamente, approfittando del regolamento, dichiarano "Wet Race", gara sul bagnato per i non anglofoni, il che vuol dire sostanzialmente "La pista è bagnata, se parti lo fai a tuo rischio, se poi parti con le slick perché pensi che si asciugherà lo fai a tuo rischio e pericolo, sappi che noi non interromperemo la gara per la pioggia".
Questo discorso non fa una grinza: è idealmente giusto che una volta che la direzione gara dichiara una gara "bagnata", non la interromperà perché piove, non avrebbe senso, ma quello che mi da fastidio è che se Infront vuole questo carta bonus del "Wet Race", dovrebbe anche imporre a Pirelli, fornitore esclusivo dei pneumatici per il mondiale Superbike, la produzione di una gomma che garantisca sia il grip sicuro in condizioni di bagnato, sia anche la durata strutturale nel momento in cui la pista va ad asciugarsi.

Capisco che lo sviluppo tecnologico dei pneumatici nel mondo delle corse, è la base delle innovazioni poi introdotte nel mercato al dettaglio e che ha permesso a noi motociclisti della domenica a caccia del bar del passo con la migliore torta fatta in casa, di avere gomme bimescola con prestazioni e durata fino a qualche anno fa impensabili, ma credo anche che l'organizzazione del mondiale Superbike dovrebbe iniziare una riflessione seria e profonda su quanto questo sviluppo alla ricerca della prestazione assoluta, non stia portando le gomme ad essere così specializzate da essere non solo inutili, ma addirittura pericolose, in situazioni non perfettamente conformi a quelle previste dal produttore.


Il motociclismo della Superbike, (così come della MotoGP), non gode della possibilità di cambiare pneumatici come per l'automobilismo, per quei centauri le gare partono e arrivano, senza interruzioni, senza tattiche del cambio gomma, quindi il pneumatico che il pilota o il team sceglie al momento di partire, sarà quella che correrà tutta la gara, pensare di cambiarla vuol dire praticamente ritirarsi dalla gara, e senza nemmeno più la possibilità di avere la "seconda moto" pronta ai box per un cambio al volo, il regolamento impone ai piloti una scelta che non ha possibilità di ripensamenti.


A quel punto la regola del "Wet Race" da giusta, diventa sbagliata: perché è giusto che una volta dichiarata bagnata, la gara non venga interrotta per la pioggia, (a meno di condizioni così estreme da essere pericolose), ma sarebbe giusto che a monte l'organizzazione del mondiale avesse previsto di fornire ai piloti una scelta che possa essere sicura anche in condizioni non nette e precise, una gomma da bagnato che possa essere efficace sia sul bagnato pieno, ma anche sulla pista umida e che non si distrugga nel caso la pista si asciughi, certo con prestazioni inferiori ad una slick, ma che comunque sia possibile correrci senza paura che perda pezzi.


Si fa molto per la sicurezza dei piloti, sopratutto in questi tempi di prestazioni estreme, ma nel caso delle gomme mi sembra che ci sia sempre una certa riluttanza, come se si scegliesse di usare le gare come laboratorio delle prestazioni estreme, per poi sviluppare una gomma commerciale, ma senza contare che il mondo delle gare non corre solo nel bagnato estremo e solo nel sole cocente, ci sono mille sfumature metereologiche e a quanto pare la Pirelli non è in grado o non vuole impegnarsi per trovare una soluzione magari meno performante, ma più sicura.


A questo punto mi chiedo: non sarebbe meglio cercare di non estremizzare certi aspetti dell'agonismo motociclistico, in favore di una maggiore sicurezza che di sicuro non va a discapito dello spettacolo?


Dite la vostra nei commenti, se ne avete voglia.


Baci,
UsuL.

giovedì 2 agosto 2012

Giornalismo vs Internet? Parte Uno

Tipico esempio di nettare di luppolo :)
Questo è un Agosto magro di notizie, un po' triste per i tanti che come me non si possono permettere una vacanza e che chiusi in casa si sparano ore di diretta olimpica, appassionandosi a qualsiasi sport, pur di sopravvivere alla noia.


Ovviamente per notizie intendo quelle legate al motociclismo e, sempre ovviamente, quando parlo di notizie parlo di fatti, non di congetture come "Dove andrà Valentino? In Yamaha, no resta in Ducati, no si compra una Dune Buggy del '74 e gareggia alla Dakar" e via dicendo.


Sta di fatto che continuo pazientemente il mio presidio di tutti i social network possibili e immaginabili, alla ricerca dello spunto per poter fare le quattro chiacchiere da bar sport che sono alla base dell'esistenza di questo blog, e scavando tra i mille messaggi "olimpionici" su Twitter, in questi ultimi giorni ho notato una sempre più frequente tendenza da parte dei giornalisti più blasonati e importanti, ad attaccare, sminuire e alle volte insultare, tutto quello che riguarda la rete, i social network e in generale gli opinionisti da tavolino con birretta e salatini come me, non me in particolare, non mi si calcola nessuno di loro lo so bene, ma in generale l'atteggiamento di chi frequenta i social network e commenta il motociclismo e chi lo racconta.


C'è da dirsi che ci sono due fronti distinti di critica:


- La critica all'utente medio del social network che sparla e insulta.


- La critica agli opinionisti più o meno improvvisati senza tessera di giornalista.


Giusto perché sarebbe troppo lungo il mio intervento, ho deciso di dividerlo in due parti, in questa parlerò della prima categoria, l'utente medio che, sentendosi intoccabile e inarrivabile dietro il suo monitor, si permette di insultare e sparlare, concordo in parte con chi, come ad esempio Luca Budel, nei giorni scorsi il caporedattore motori di Sport Mediaset, si è lanciato in una critica feroce contro questo fenomeno, ma di per se non c'è nulla di nuovo e non mi pare il caso di scandalizzarsi più di tanto, il tutto non è così diverso dal passato, cambia solo l'ambientazione: una volta gli amici di contrapposte tifoserie, a prescindere dallo sport, insultavano il beniamino altrui al bar e lo fanno tutt'ora, ma con l'avvento di internet e dei social network, la cosa ha assunto un valore più grande, uscendo dalle porte del bar del passo e approdando ad un pubblico che in certi casi può anche essere molto vasto.


Vi faccio un esempio: io abito in un paesino delle montagne intorno a Trento, ogni tanto quando scendo al bar/pizzeria/ristorante/tabaccheria/giornalaio del paese per prendermi una pizza da portare a casa e quello è il mio "Bar Sport", (quando scrivo mi immagino ad uno dei loro tavolini).


Ieri sera con mia moglie siamo andati a mangiarci la pizza e c'erano due miei amici che lo frequentano molto più di me, li chiamerò Ninì e Cocò, giusto per la privacy.


Dovete sapere che Ninì è un appassionato tifoso di Valentino Rossi, ha un passato come commissario di pista, capelli brizzolati, taglio corto e vagamente militare e una BMW di quelle che se stai a guardare quanta roba c'è su, perdi la testa; Cocò ha in comune con Ninì solo i capelli brizzolati, ma ben più lunghi e ribelli, un passato di pilota per passione con tanto di apparizione come wild card in una gara di Superbike, guida una Honda CBR 1000 che però da un po' di tempo sta lasciando in garage a prendere polvere ed è un appassionato tifoso di Max Biaggi.
Loro due sono l'espressione massima e perfetta del dualismo italiano nel motociclismo: quelli pro Rossi e quelli pro Biaggi e se ami l'uno, odi l'altro, non c'è storia.
Ninì e Cocò sono sempre pronti a trascinarmi nelle loro discussioni su Rossi e Ducati, Superbike contro MotoGP, (dimenticavo che Ninì è pro MotoGP e Cocò è pro SBK, ma penso fosse scontato), e chi più ne ha più ne metta e così anche ieri sera: il punto della discussione era che secondo Cocò Rossi è bollito, deve andarsene fuori dalle balle etc etc, mentre ovviamente per Ninì Rossi è il fulcro dell'interesse per il motociclismo ed è sempre un campione, solo che guida una moto di merda come la Ducati, piuttosto è Biaggi che deve ritirarsi, che alla sua età dovrebbe solo che ringraziare il cielo di poter ancora vincere qualcosa anche se solo nella Superbike.


Ora vi state immaginando la scena?


Ecco, in internet succederebbe, e di fatto succede tutti i giorni, la stessa cosa, con insulti a Rossi, alla Ducati, a Biaggi e cambiando sport ultimamente vanno di moda gli insulti alla Pellegrini, ma chissà perché ci sono personaggi come Budel che si scandalizzano.
Ce lo vedete il direttore motori di Sport Mediaset che gira tutti i bar d'Italia a tirare le orecchie a chiunque vada fuori dalle righe nel criticare Rossi, Biaggi, Ducati o chiunque altro?


Quelli che si divertono in internet a stuzzicare, insultare o semplicemente provocare una reazione, ci sono da sempre, hanno anche un nome: Troll. Vedere personaggi del giornalismo che dovrebbero avere una maggiore sensibilità e autocontrollo, scagliarsi contro i mulini a vento, è abbastanza ilare, almeno per me. Si mulini a vento, perché l'unico modo per controbattere quel tipo di frequentatori dei social network è di ignorarli, del tutto e completamente: se non ottengono una reazione non si divertono e per reazione intendo qualsiasi reazione, anche "bloccarli" di modo da non ricevere i loro messaggi, c'è chi nella sua descrizione del profilo di Twitter mette addirittura con orgoglio i nomi dei personaggi "famosi" che l'hanno bloccato, è questo che vogliono, attenzione, se li si ignora spariscono magari con un acuto finale di insulti e altre amenità, come quando si tira lo sciacquone: un bel rumore forte e tutto sparisce.


Ma le mie considerazioni non si fermano qui, tra poco anche la seconda parte: Giornalisti vs Blogger.


Baci,
UsuL