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martedì 21 agosto 2012

Surfin' Ben

Ben Spies
mentre fa surf sulla sua M1 a Laguna Seca

(Credit zigwheels.com)
Cercando di sopravvivere al caldo opprimente di questi ultimi giorni di Agosto, stavo leggendo un interessante articolo su Asphalt & Rubber, (che ho già citato in un altro post), chiedendomi perché un'intervista del genere è stata sostanzialmente ignorata dalla stampa italiana, pur essendo così dura e dai toni quasi rassegnati di un pilota che sicuramente è, o avrebbe dovuto essere, un protagonista di questo mondiale: Ben Spies.

I teorici del complotto Mediasettico probabilmente direbbero che si tratta di una strategia del silenzio "imposta" dal clan di Rossi per non gettare fango sul team che tanto gli ha fatto vincere e che l'anno prossimo lo accoglierà di nuovo dopo l'esperienza Ducati, ma penso più semplicemente che la cosa sia passata sostanzialmente inosservata per una serie di motivi molto più terra terra: Ben non è un pilota "immagine" e soprattutto non è italiano.

Ben Spies, dopo l'ultimo Gran Premio di Indianapolis, si è in un certo senso sfogato, o meglio ha candidamente rivelato certi retroscena di questa infausta stagione, raccontando ai giornalisti un episodio che se fosse stato vissuto da un qualsiasi nostro pilota avrebbe creato uno scandalo peggio del Watergate.

Dopo il GP del Mugello, Spies viene avvicinato da un non meglio precisato "alto funzionario" di Yamaha che senza tanti giri di parole gli dice "MI È STATO DETTO DA QUALCUNO IN YAMAHA CHE SE NON AVESSI CORSO AL 100% A LAGUNA NON AVREI DOVUTO NEMMENO ANDARCI".

In questo anno e mezzo di tribolazione rosso-gialla, i nostri giornalisti ci hanno raccontato quanto sia difficile e delicato gareggiare con un prototipo su due ruote, come piccoli cambiamenti dell'assetto rendono la moto più o meno pericolosa, quanto una scuderia deve a tutti i costi fornire una moto competitiva, seguendo pedissequamente le indicazioni del suo pilota, non solo per una questione di risultati, ma anche e soprattutto per garantire la massima sicurezza al pilota stesso che in tal modo può veramente dare il massimo per ottenere un risultato: sono oramai passate alla storia le domande a fine gara di Beltramo, Bobbiese e Porta a Valentino Rossi su cosa non ha funzionato, sempre e comunque con la stessa risposta "Non sento l'anteriore e così non mi fido a guidarla al limite". Noi tutti, me compreso, al di là delle comprensibili differenze d'opinione, capiamo che se un pilota non si fida della moto al 100%, è ovvio che non prova ad ammazzarsi per togliere due decimi di secondo al giro.

Purtroppo con quella frase, caduta come un macigno sulla testa di Ben, la Yamaha ha dimostrato a tutti che le grandi case giapponesi non sono accondiscendenti come Ducati con Rossi: dai il massimo o stai a casa.

Nel malaugurato caso che non conosciate bene la storia della stagione di Spies, ma che al contrario abbiate sentito solo la campana Mediasettica di un ex pilota Superbike schiacciato dalla pressione psicologica della professionalità MotoGP, Ben riassume in poche parole il perché di tanti risultati scadenti, pur in sella alla moto presumibilmente gemella di quella del leader del Campionato: Jorge Lorenzo.

Parte la sua analisi dalla prima gara, il Quatar, dove dopo una caduta in prova, la Yamaha rattoppa la stessa moto e la prepara apparentemente lucida e perfetta per la gara, salvo poi scoprire che nella precedente caduta si era lesionato il telaio, con conseguente prestazione scandalosa in gara, (il distacco dal suo compagno di squadra e vincitore della gara sfiorava il minuto). Vi immaginate cosa direbbero Bobbiese, Lucchinelli e Cereghini a Fuorigiri se Rossi dicesse "Si beh, ho avuto problemi con la moto: dopo la caduta in prova si è lesionato il telaio, ma in Ducati non se ne sono accorti e me l'hanno dato da correrci sopra anche per la gara"?

Sia ad Assen che a Silverstone, le sue gomme l'hanno completamente tradito e nel caso non lo sapeste, i pezzi di pneumatico non si sono staccati solo dalla gomma di Rossi, come sembrava all'inizio, ma anche dalla sua e per ben due gran premi consecutivi! Fosse successo ad un nostro pilota, in Mediaset avrebbero chiesto la testa del Direttore Generale della Bridgestone.

Arrivato in America, nelle due gare "di casa", con la spada di Damocle sulla testa di quel aut aut del Mugello, Ben affronta la prima: Laguna Seca. Mentre percorre il famoso cavatappi, la chicane più ripida e paurosa di tutto il Campionato, si tronca di netto il telaio posteriore e Ben vola a terra in discesa, per fortuna la caduta non ha conseguenze, ma avete mai visto il telaio posteriore di una MotoGP schiantare all'improvviso in gara? Ancora una volta, non oso immaginare quale infinita polemica sarebbe nata sui nostri giornali e teleschermi, se la Ducati di Rossi avesse avuto lo stesso problema strutturale, me lo vedo Cereghini che ribadisce "Moto di merda e il fatto che si rompa ne è la prova!"

Dopo l'incredibile e inspiegabile rottura di Laguna Seca, il buon Ben si presenta a Indianapolis, sempre intenzionato a dare il 100% e dimostrare che non si meritava quel richiamo, ma come era successo in Quatar, cade in prova, come tanti altri, ma le conseguenze fisiche sono meno gravi rispetto ad altri piloti più sfortunati di lui, quindi domenica è in sella, parte come un missile, prende la testa della gara, sembra che possa fare un bel GP per una volta, poi dopo due giri viene ripreso e superato da Pedrosa, dopo sei giri il motore esplode: indovinate un po' che motore aveva? Esatto! Quello che montava la moto caduta in prova.
Anche in questo caso gli opinionisti di lungo corso avrebbero messo in croce e fustigato Ducati per non aver pensato che dopo una caduta violenta come la sua, il motore doveva essere cambiato per sicurezza, sempre se fosse successo a Rossi.

Così ci ritroviamo con un Ben Spies così rassegnato da dichiarare: "Ora andiamo a Brno e mi chiedo cosa succederà ancora", non "Se succederà", ma "Cosa succederà", come se in ogni caso qualcosa accadrà.

Ora mi chiedo e dico: capisco che Spies è un pilota americano, che è un bel ragazzotto, ma comunque è molto schivo e riservato, quindi non è un personaggio televisivo di casa nostra come Rossi, ma non sarebbe forse il caso per i nostri giornalisti, di andare a bussare al retro box della Yamaha per chiedere spiegazioni? Se non altro perché quella moto avrà il 46 l'anno prossimo. Siamo sicuri che non subirà lo stesso trattamento anche il Funambolo di Tavullia?
Ma soprattutto: perché non chiedere in modo gentile e delicato come un martello pneumatico, se la moto di Spies è veramente come quella di Lorenzo? Non sarà che Yamaha su quella seconda moto sperimenta componenti e assetti così estremi da stracciare le gomme come ad Assen e Silverstone, e che essendo semplicemente una moto laboratorio, non si degnino nemmeno di usare la seconda moto non incidentata in caso di caduta nei giorni di prove?


Non so cosa ne pensino i nostri giornalisti, quelli veri non quelli da salotto come me, ma io un terzo grado a quelli di Yamaha lo farei.

Baci,
UsuL

P.S.: Per chi volesse approfondire, vi lascio un paio di link utili:

Intervista originale di Ben Spies ad Asphalt & Rubber (in Inglese)

Intervista originale di Ben Spies ad Asphalt & Rubber (tradotta in Italiano)

Articolo che riporta e commenta l'intervista su Motociclismo.it

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