Pagine

venerdì 30 marzo 2012

Riciclando vecchie considerazioni: Colpevole di essere un Appassionato

Questo vaneggio l'ho scritto un anno fa, (undici mesi per la precisione), ma sembra sempre attuale, anche un po' profetico viste le ultime notizie sull'acquisizione della Ducati da parte dell'Audi, siano esse vere o meno, quindi lo ripropongo.

Spesso nel corso di questi ultimi sei anni vissuti nell'onnipresente passione desmodromica, molte persone, amici ed estranei, mi hanno guardato in modo strano, esprimendo a parole solo parte del loro pensiero, chiedendomi cosa ci trovo di tanto speciale nella Ducati, quello che hanno delicatamente omesso è sempre quel giudizio a metà tra "questo è scemo" e "ok ce lo siamo giocati" che puoi tranquillamente leggere nei loro occhi e sentire tenue, tra le righe delle loro parole ben più diplomatiche dei loro pensieri.
In effetti, guardandomi da fuori, facendo finta di essere il Lorenzo di qualche anno fa, del "prima", anche io mi vedo strano, alle volte quasi mi vergogno di essere attaccato in modo quasi malsano al marchio Ducati, ma poi ripenso a quello che l'essere ducatista mi ha permesso di vedere, di fare e di provare in questi anni e subito torno orgoglioso del rosso che domina la mia quotidianità fin nei più piccoli dettagli.
Quando mi giro indietro e guardo questi sei anni, vedo due WDW, (World Ducati Week il raduno mondiale dei ducatisti), e un WPM, (World President Meeting, il raduno mondiale dei presidenti dei club Ducati), vedo i paddock della MotoGP di Misano Adriatico, vedo i paddock della Superbike, provo l'emozione di festeggiare il primo mondiale MotoGP in diretta, in una fredda alba passata di fronte al maxi schermo montato nella fabbrica di Borgo Panigale, festeggiando con tutti i vertici dell'azienda e tutto questo perchè sono un semplice ducatista, non perchè io sia "qualcuno di famoso", è il semplice avere una Ducati e volerle bene che ti rende speciale, o forse ti rendeva.
In questi ultimi tempi ho sentito quest'essere speciale, scivolare via, come la mano della persona amata che dopo averti accarezzato il viso, scivola oltre il mento, lasciandoti la sensazione piacevole della carezza e subito dopo il vuoto.
La mia passione non si è affievolita per nulla, ha resistito a molte dure prove, ma sembra che sia l'Azienda che non vuole più sentir parlare della Passione, accecata dal marketing estremo, dal sogno di diventare una fredda e ben oliata macchina da soldi, come le rivali Honda e Yamaha.

Qualsiasi esperto di marketing vi dirà che con la passione non si fanno i fatturati, qualsiasi dirigente Ducati vi dirà che il vero ducatista si tiene stretto la sua 996 e questo non fa bene alle vendite, qualsiasi concessionario vi dirà che lo stipendio ai suoi dipendenti lo paga vendendo moto nuove, di certo non con la maglietta venduta a quello della 996, ma siamo sicuri che sia colpa della Passione?
E' vero che il nostro immaginario "Gino" ha la sua 996, se la tiene ben stretta, la cura più di quanto curi se stesso e non la cambierebbe con una 1198 nemmeno cascasse il mondo, però pensateci un attimo: quella 996 l'ha comprata nuova, c'è stato un tempo nella storia della Ducati, in cui si comprava la moto nuova per passione, se ora Gino non la cambia con la 1198 non è colpa di Gino, ma della Ducati, che al di là delle innegabili doti tecnologiche delle sue moto, forse ha perso quella passione con cui progettava le moto, creando oggetti d'arte motociclistica, pensate con la passione, costruite con la passione e per passione comprate.
In un momento in cui si fa fatica ad arrivare a fine mese con lo stipendio, c'è solo una spinta irrefrenabile che può far aprire il portafoglio per una moto: la passione e mi spiace, ma non c'è passione nelle nuove Ducati.
C'è tecnologia, c'è uno studio maniacale per i più piccoli particolari, sono moto belle, nulla da dire, ma sono fredde, sono studiate a tavolino per soddisfare i requisiti del marketing non di certo quelli del cuore.
Il nuovo Ducatista non è un appassionato, il nuovo Ducatista è un cliente, non si rivolge più al Club, ma al Customer Service, non cura più la sua moto più di quanto curi se stesso, si aspetta che la moto sia meglio di quello che lui vuole da lei, le parti si sono invertite: anche qui siamo caduti nella trappola dell'egocentrismo sfrenato che caratterizza il nostro tempo.

Passione mordi e fuggi, mettici un bel 46 giallo sopra e vedi come la vendi la moto ... si ma a chi?
Quando è uscita la 1098, con i numeri da capogiro in perfetto stile "giapp", in effetti molti motociclisti da giapponese, (quelli che guardano quanti cavalli ha la moto perchè l'importante è potersi vantare con gli amici di quello), si sono fiondati a comprarle, il risultato? La primavera dopo c'erano più 1098 nel settore "Usato" di quante se ne potessero trovare tra 999 998 e 996 messe assieme. Ci sarà un motivo?
Certo che c'è: non è con le belle parole e i proclami ammalianti degli spot che girano su Italia1 durante la MotoGP, (mentre il vero motociclista aguzza l'occhio per cercare di capire cosa succede nel fottuto riquadrino), che si creano miti inossidabili come la 916, ma con la Passione, quella stessa Passione che sembra essere tanto odiata in Ducati, o forse invidiata? Invidiata da una gestione dell'Azienda che fa un bilancio di se stessa, che guarda le "sue" Ducati e paragonandole a quelle del passato vede che sono migliori in tutto: dalle presazioni all'affidabilità, dalla cura dei particolari ai mille accessori e gadget disponibili, eppure vede delle Ducati che non sono amate; forse penseranno che l'importante è vendere, ma secondo il mio modestissimo parere manca un ingrediente nella ricetta perfetta: il cuore.
Un giorno forse lo capiranno, o forse non ci riusciranno loro e avanti il prossimo che sia più fortunato, perchè ricordatevelo sempre: di Amministratori Delegati e Consigli d'Amminstrazione in Ducati ne son girati più d'uno in questi anni, ma noi Ducatisti, noi che abbiamo la Passione, siamo sempre qui, c'eravamo prima di loro, ci siamo ora e ci saremo quando loro staranno dirigendo una nuova azienda, perchè gli amministratori vanno e vengono, ma i Ducatisti rimangono.

Che blog smorto!

Si lo so, non ho ancora deciso come sarà la grafica del blog, del resto il blog dovrebbe rispecchiare il blogger che lo scrive no? E io sto contando i pochi giorni che mi separano dal mio quarantesimo compleanno e non ho ancora deciso cosa farò da grande, quindi visto che la mia intera vita è in realtà un "work in progress", anche il blog lo sarà.


Baci, 
UsuL

Quando la notizia è più veloce della realtà

In questi giorni mi sono soffermato spesso a pensare a dove sta andando il mondo dell'informazione, non fraintendetemi: non parlo dell'informazione con la i maiuscola, ma solo di quella sportiva, più specificatamente di quella motociclistica, che poi in questo periodo dell'anno è l'unica che mi interessa veramente.
Pensavo che si stava esagerando con i dietrologismi, non passa giorno infatti in cui non si leggano roboanti scoop che a ben leggerli e informandosi un po', si rivelano per quello che sono: inutili giochi mentali, ipotesti plausibili tradotte in notizie reali, ma perché?
In passato l'avevo già notato e l'ho sempre bollata come una consuetudine del giornalista medio italiano: avere un'idea plausibile, trascriverla farcendola con qualche particolare che la renda veritiera, trovando qualche connessione che probabilmente è casuale, ma potrebbe non esserlo e infine arricchirla con un inizio allettante a scelta tra "da fonte attendibile", "voci interne all'azienda" o simile.
Quello che non mi spiegavo era il perché di questa consuetudine, ma forse ero solo troppo miope per vedere l'evidenza: è colpa di internet.
No, non sono impazzito, sono sempre stato e sempre sarò un sostenitore della Rete, ma quello che ho sempre detto è anche che internet è uno strumento e come tale non ha importanza di per se, ma per come lo si usa, del resto un bisturi in mano ad un chirurgo può salvarvi la vita, ma in mano ad un serial killer ve la può togliere no? E di chi sarebbe la colpa, del bisturi? Certo che no!
Allo stesso modo anche internet può essere uno strumento informativo incredibile, ma l'altra faccia della medaglia c'è e come: il ritmo a cui funziona.
Ai brutti vecchi tempi, quando ancora la rete non era in tutte le case, affidavamo la nostra curiosità e voglia di notizie fresche al nostro edicolante: ogni mese, puntuali come un'orologio, ci si presentava a prendere il nostro mensile preferito, lo si leggeva avidamente, lo si rileggeva, si studiavano le foto una per una, l'immaginazione ci prendeva la mano e potevamo vedere noi stessi al posto del pilota tester dell'ultimo modello della prova su strada di quel numero. Il tutto durava poche ore, con la rilettura e lo studio approfondito delle immagini si arrivava a qualche giorno, un'inezia in confronto alla cadenza mensile del giornale.
Oggi però l'informazione viaggia alla velocità del mondo in cui viviamo: frenetica e negli ultimi anni anche il mondo del giornalismo ha dovuto in qualche modo adattarsi alle nuove tecnologie.
Il problema sorge quando si analizza il modo in cui viene usato internet per diffondere notizie: siamo passati infatti dal tam tam diretto delle chat, in cui l'informazione è quasi immediata, ma limitata nel tempo d'esposizione e nel bacino d'utenza, passando poi per i blog, in cui le notizie rimangono leggibili, fino all'odierno twitter, istantaneo come una chat, ma con una diffusione capillare e che rimane pubblica indefinitamente come un blog.
Il mondo del giornalismo si ritrova con tempi così stretti che non lasciano la possibilità di fare un lavoro di ricerca sulle fonti della notizia di per se, analizzando le "prove" e creando quindi un articolo che, tenuto conto della concretezza della notizia, la sviluppa in un qualcosa che informa.
Al contrario, schiacciati dai continui input che arrivano dal sincopato twitter, devono quasi giocare d'anticipo, leggere nei 140 caratteri pubblicati dal pilota quegli indizi di una vera notizia, creando poi un articolo su quei presupposti: mere ipotesi.
Ma anche la velocità alla quale le notizie vengono masticate dalla rete contribuisce a spingere al gioco d'anticipo: non ci si può più permettere di aspettare un mese per sapere come sarà fatto il nuovo telaio di Valentino Rossi, c'è già chi ha preso una foto o un fotogramma di un servizio TV e con photoshop e un po' di fantasia, sta già facendo ipotesi, con una freccetta verde qui e una riga rossa là, quindi dover sempre sfornare qualcosa che qualcuno leggerà distrattamente è diventato il nuovo obbiettivo e ha sostituito forse per sempre la notizia vera, del resto se l'ipotesi fatta è anche vera, il giornalista sarà il primo ad averlo detto, se invece era soltanto un'ipotesi, ma non era vera, poco importa: la rete ha già dimenticato quello che è stato pubblicato ventiquattro ore fa, potete starne certi.