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mercoledì 9 maggio 2012

I limiti imposti dalla mancanza di limiti

Smrz del team Effenbert
Rieccomi dopo una pausa di un paio di giorni, che ho dedicato alla vita di tutti i giorni, qui tra le montagne trentine dove vivo da qualche anno.


In questa breve pausa è successo di tutto, prima un lunedì dedicato alle polemiche sulla gara di Monza in Superbike, poi il martedì ravvivato dalle notizie del ritiro di Valentino dalla MotoGP, la solita "fonte vicina al pilota", poi smentita dal pilota nell'eterno balletto degli scoop più o meno inventati, ma anche la notizia ventilata del ritiro del Team Effenbert dalla SBK, indiscrezioni li vogliono pronti al passaggio alla MotoGP.


Quello di cui vorrei parlare però è una riflessione leggermente più ampia di questi due filoni di notizie: la limitazione allo spettacolo imposta dalla mancanza di limitazione allo sviluppo tecnologico.


E' infatti a questa mancanza di limiti che imputo un po' tutti i problemi dell'attuale motociclismo: dalla totale assenza di spettacolo inteso come sorpassi e gare incerte in MotoGP, alle scene quasi imbarazzanti di una griglia di partenza congelata in Superbike, tra i fischi del pubblico che crede di aver pagato per vedere le moto girare a tutti i costi, anche della vita di chi le guida.


Tutti quelli che domenica scorsa stavano fischiando si sono dimenticati quanto rischia un pilota e quei grandi campioni del passato che si sono fatti beffe dei loro colleghi in attività, forse si sono scordati che guidavano moto con meno cavalli di quelle che attualmente anche un quarantenne con la panzetta da uomo sposato come me può facilmente comprarsi, ed è questo il punto, le moto da competizione di oggi sono così potenti ed estreme da imporre tutta una serie di compromessi che ne limitano la possibilità di utilizzo: vanno a 340 Km/h sul rettilineo di Monza, ma allo stesso tempo distruggono le gomme più morbide e intagliate usate per la pioggia che, se fossero abbastanza dure da resistere all'attrito, non sarebbero più abbastanza morbide da garantire l'aderenza sul bagnato.
I piloti di oggi quindi si ritrovano a dover decidere se rischiare l'osso del collo oppure no e non stiamo parlando di qualche osso rotto guaribile in qualche settimana o mese, ma di rischiare la paralisi com'è successo a Lascorz a Imola, quelli che hanno fischiato a Monza se la sarebbero sentita di rischiare una vita sulla sedia a rotelle per lo spettacolo?


Siamo veramente arrivati al punto in cui il circuito del motociclismo deve diventare il moderno colosseo, con gladiatori pronti alla morte pur di dilettare gli spettatori paganti?


La tecnologia moderna ha fatto passi da gigante e le moto che vediamo oggi nei circuiti mondiali, sia quello MotoGP che quello SBK, sono così oltre i limiti che conoscevamo quand'eravamo ragazzini, che si stenterebbe a crederlo ed è per questo che in MotoGP basta un non nulla a rendere una moto vincente come Ducati nel 2010, in una moto da parte medio bassa della classifica nel 2011 e 2012, così come in Superbike, le moto derivate della produzione in serie, potrebbero tranquillamente competere tra i prototipi della MotoGP, sfrecciando a quasi 350 Km/h.


Che sia il caso di fare un passo indietro nella corsa alla velocità assoluta e alla prestazione a tutti i costi?


So anche io che l'essenza di una gara di velocità è la velocità stessa, ma non credete anche voi che stiamo andando un po' troppo oltre?


Questo sviluppo a tutti i costi sta uccidendo lo sport a favore di una superiorità in pista che inizia nei laboratori di chi ha più risorse da investire in tecnologie che permettano di surclassare gli avversari, ma è veramente questo che vogliamo vedere quando ci sediamo sulle tribune di un circuito o sul divano di casa di fronte alla televisione?


Non è un caso che i piloti di campionati "minori" come la Stock1000 o la Supersport siano riusciti a gareggiare a Monza domenica scorsa, non perché avessero più coraggio dei loro colleghi più blasonati della Superbike, ma perché i loro mezzi erano meno estremi e riuscivano a gestirli anche nel caos assoluto di una pista per metà sotto il sole cocente e per metà sotto il diluvio universale.


Forse il punto cruciale che avrebbe evitato l'imbarazzo della griglia di partenza domenica scorsa, sarebbe stato un regolamento che ponga dei paletti allo sviluppo estremo di una Superbike che dovrebbe essere meno prototipo derivato da una moto di serie e più una moto di serie elaborata si, ma che ancora resti fedele alla moto dalla quale nasce.
Anche perché se la Superbike vuole essere l'espressione di quello che potrebbe essere una moto stradale che voi e io possiamo comprare, ma estremizzata per la competizione, questa non può arrivare ad essere praticamente un prototipo la cui unica somiglianza con la moto che troviamo nel concessionario è a grandi linee l'aspetto della carena.


Limitare l'elaborazione farebbe bene a tutti: alle case impegnate nel mondiale che spesso di ritirano perché oramai la SBK ha costi così esorbitanti da sembrare quasi la MotoGP, ai team che trovando in pista moto più simili tra loro potrebbero permettersi di correre e avere l'occasione di vincere anche con moto meno evolute e quindi costose, al pubblico che troverebbe lo spettacolo classico della Superbike e forse anche ai giornalisti che non dovrebbero decidere se lamentarsi della carenza di sicurezza una domenica, solo per potersi lamentare del poco coraggio dell'organizzazione la domenica successiva, perché è facile criticare a tutti i costi, il difficile è riuscire a fare giornalismo senza essere per forza lo "Sgarbi" di turno.


Baci,
UsuL

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