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mercoledì 11 aprile 2012

La Rete, le trincee e la battaglia senza Generali.

Anche oggi la battaglia continua e se possibile si inasprisce nei toni e nelle rivendicazioni: il popolo Ducatista e il popolo Valentiniano si confrontano a suon di articoli al vetriolo dell'uno e dell'altro sostenitore, con punte di crudeltà e cattiveria più marcate nei commenti qui e la, tra Facebook e Twitter la battaglia continua, anche se i Generali per i quali i contendenti combattono, tacciono, quasi fossero ignari della guerra fratricida.


Io, lo avete letto nei giorni scorsi, credo fermamente nelle colpe dell'uno e dell'altro, credo che Valentino abbia rivelato che non è il Messia che fa miracoli com'era stato descritto dopo il passaggio in Yamaha, ma anche che Ducati non sappia gestire un team nel modo corretto, correndo dietro alle richieste del pilota senza però un piano ben preciso, un responsabile autorevole e autoritario che lo gestisca, con il risultato finale che entrambi non si esprimono come potrebbero/dovrebbero.


Il silenzio dei Generali è stato, per questi primi giorni, una cosa buona che aiuta a non esasperare ancor di più le cose, ma sarebbe arrivata l'ora di rompere il silenzio radio e, con la dovuta cautela nello scegliere le parole, dare un segnale ai due eserciti di deporre, almeno temporaneamente, le armi perché stiamo andando veramente troppo oltre, oltre a quella passione che tanto mi fa amare lo sport motociclistico, distinguendolo dalla tifoseria calcistica, oltre quella passione che ti porta a rispettare ogni pilota che scenda in pista a rischiare la vita a 300 Km/h in sella ad una moto, sia essa rossa, blu, arancione o verde.


Basterebbe un Valentino Rossi più sereno, che ammetta anche le sue "colpe" nel non riuscire a sviluppare una moto che non sia una Ducati come la conosciamo, perché di questo si tratta, dello sconvolgimento di un progetto così complesso e dispendioso che pochi ne afferrano la complessità, (me compreso).


Basterebbe una Ducati che ammetta di non poter fare una moto fotocopia di una Yamaha, per ragioni economiche, di quantità di persone coinvolte, (nemmeno minimamente vicino ai reparti corse delle grandi giapponesi). Perché di questo si tratta: Ducati sa fare le moto in un modo in cui pochi riescono a farle andare come possono e Valentino non è uno di quelli, a prescindere dal numero di mondiali vinti.


Mi piacerebbe vedere Ducati che chiama un team manager con le idee chiare, dandogli carta bianca, e allo stesso tempo mi piacerebbe vedere un Valentino Rossi che umilmente chini il capo e accetti di avere tale team manager, seguendone consigli e ordini.

C'è bisogno di cambiamento, a prescindere dal fatto che Valentino resti o meno in Ducati, c'è bisogno di dimostrare l'autorevolezza e l'umiltà che già una volta ci ha proiettati sulla vetta.



Just my 2 cents, come direbbero gli anglosassoni.


Baci,
UsuL

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